Note e considerazioni sulla società cagliaritana nella prima metà dell’ottocento

 

Cagliari nella prima metà del XIX secolo.

Gli avvenimenti dell’ultimo decennio del XVIII secolo, riflesso in qualche modo delle grandi trasformazioni europee conseguenti alla rivoluzione dell’89, hanno oscurato quanto avvenne in Sardegna e nella città di Cagliari nel periodo che va dagli inizi dell’800 fin quasi alla proclamazione del Regno d’Italia.
Non mi riferisco ai fatti tradizionalmente giudicati importanti, quali l’esilio dei Savoia nell’Isola, la abolizione dei feudi, la rinunzia della Sardegna alla multisecolare sua sovranità per riconoscersi una appendice del Piemonte: fatti talvolta travisati o male interpretati, se non pure – come purtroppo avviene spesso oggi – piegati ad una interpretazione ideologica; ma, comunque, fatti noti.
Mi riferisco invece alla profonda trasformazione dell’Isola, e per restare nel tema, della città di Cagliari; da centro di raccolta di prodotti agricoli ed alimentari, e sia pure di direzione di un’isola contadina e pastorale (anche se prima dell’800 l’influenza di Cagliari verso l’interno può praticamente limitarsi ad un raggio da 50 ad 80 km.), da sede di uffici burocratici, e, col suo porto, di smistamento di merci da e per il continente, a vera e propria città, e propriamente a città moderna.
La trasformazione è profonda in senso fisico ed economico: i quartieri si dilatano, le vie di comunicazione si allargano, i traffici verso l’interno dell’isola si sviluppano, nasce il commercio, “sa costa” da viottolo sassoso diventa via di negozi, il porto comincia a creare un quartiere abitato non solo da marinai e pescatori, anche se la sua ragion d’essere è sempre il traffico marittimo, ma da commercianti e da cittadini di ogni tipo, sorgono le prime industrie.
Ma la vera trasformazione è quella sociale: la popolazione della città cambia profondamente, e mutano in particolare i rapporti reciproci, ed il peso relativo dei vari strati della società cagliaritana: non ultimo, comincia ad affiorare quel mordace spirito che non abbandonerà più il popolo per tutto il XIX e buona parte del XX secolo.

Nel secolo XVIII la Città era ancora il “castello”, “castedd’e susu”; non che le appendici non fossero abitate: erano però specie di villaggi, che fornivano al Castello cibarie e servizi, ma non appaiono come parte integrante della città stessa. In questi quartieri suburbani erano sparse alcune ville e qualche grossa casa, costruite in piccola parte dagli eredi di antichi feudatari e per il resto da borghesi di recente nobilitati ed immigrati in città (per il primo gruppo ricorderò i Conti di Villa Clara, Zatrilla; per il secondo i Pollini, Lostia, Novaro, Ciarella).
Se si osservano comparativamente le due planimetrie di Dionigi Scano allegate alla Forma Kalaris, la pianta del secolo XVIII e quella del 1860, servendosi anche del “Piano schematico delle fortificazioni quali erano nel secolo XVIII”, si nota come nel ‘700 i sobborghi sono separati nettamente dalla città, che è ancora, ed esclusivamente, il “Castello”; completamente inutilizzate le antiche mura di Stampace e Villanova, questi sono ormai diventati centri agricoli, orti, alloggio di lavoratori manuali, gente del contado che tende ad inurbarsi; mentre chiusi da mura sono ancora la Marina e il Porto: protezione necessaria in tempi in cui i pirati barbareschi fanno tratto tratto le loro incursioni.
Nel 1860 appare invece evidente la fusione, per quanto non del tutto completata, dei quartieri con il Castello: l’uso sempre più frequente del sistemato “terrapieno”, da una parte; la realizzazione di una vera strada in “sa costa” – agli inizi dell’800 qui vi sono i negozi, ad esempio quello di Antonio Vivenet -; l’apertura al traffico, o meglio, l’intensificarsi del traffico pedonale in “su camminu nou” (in conseguenza sia del completamento delle scalette di Santa Chiara, che della riapertura del passaggio verso i nuovi palazzi del Seminario e della Università e dello sgombero delle macerie del Bastione crollato, la cosiddetta cortina di Santa Chiara), hanno il significato di un’espansione della città a tutti i sobborghi, che non sono infatti più sobborghi, ma quartieri.
Altro elemento essenziale per il coagularsi della città: per volere di Carlo Felice le porte di Castello non si chiudono più la notte.

La trasformazione della città è determinata fondamentalmente dall’accrescersi della popolazione: e ciò in assenza pressoché totale di emigrazione. Senza dubbio alcuni abitanti di Cagliari – città e quartieri – si sono trasferiti fuori della città, e dall’isola, ma non è facile rilevarlo; tra i nobili e l’alta borghesia troviamo alcuni ufficiali, funzionari, magistrati (ad es. il Giudice Francesco Mossa che va a presiedere il Senato di Genova), i quali però generalmente tornano in Sardegna al termine della carriera.
Tra commercianti, bottegai, artigiani, operai, il modesto numero di essi nel XVIII secolo induce a credere che non venga per loro mai a mancare il lavoro, e quindi i pochi trasferimenti verso l’interno dell’isola si siano verificati solo in caso di matrimonio; mentre sono portato ad escludere qualsiasi rilevanza quantitativa di una emigrazione fuori dalla Sardegna.
Per contro, è notevole l’aumento della popolazione di Cagliari, con provenienza sia dai centri della Sardegna, che dal continente. Cerchiamo dunque di approfondire la qualità delle persone immigrate.

Da un lato è ovvio che, aumentando la popolazione, aumentino le persone addette ai servizi, quindi i muratori ed i fornai, gli osti ed i falegnami, i fabbri ed i calzolai: non è pensabile infatti che il maggior numero di abitanti della città vada a comprare il pane o altri prodotti nei paesi vicini. D’altro lato aumenta proporzionalmente anche il ceto professionale ed intellettuale, e così pure le categorie mercantili: poiché da questo secondo gruppo di immigrati – professionisti e commercianti – spunterà la nuova guida della città, ne ho fatto una particolare analisi: essa riguarda dei nomi che hanno fornito a Cagliari le personalità di rilievo in tutti i campi, sia nel periodo studiato come pure nella seconda metà del secolo ed, in molti casi, fino ad oggi.
Si tratterà di vedere poi se, come e quando la vecchia classe aristocratica dominante sia stata sostituita; se a partire da metà del secolo o dalla data dell’abolizione dei feudi (1838) o dalla proclamazione del Regno d’Italia (1861); ovvero, come io sostengo, dall’inizio del secolo.

Un sommario esame dei Registri dei matrimoni della Cattedrale di Cagliari, ossia la Parrocchia del Castello, dal 1800 al 1850, rivela il trasferimento, in occasione di matrimonio, e molto spesso in concomitanza di inizio di carriera, di membri delle famiglie che indico:
da Ales: Coni;
da Alghero: Olives, Palombella, Pes, Nieddu, Cugia-Masala;
da Aritzo: Giua;
da Austis: Scano;
da Bolotana: Delitala;
da Bono: Fara;
da Busachi: Floris-Pili;
da Esterzili: Locci;
da Gergei: Paderi;
da Gesturi: Puddu;
da Iglesias: Corrias, Angioi, Salazar, Rodriguez;
da Lanusei: Mameli;
da Nulvi: Satta;
da Olzai: Boi (medico e professore di Anatomia);
da Orani: Semidei;
da Oristano: Carta;
da Ozieri: Mearza, Falqui, Roich, Sechi-Ferrale;
da Padria: Bosinco;
da Pattada: Campus;
da Samassi: Fulgheri;
da S. Pietro (Isola, cioè da Carloforte): Porcile;
da Sassari (e Cuglieri): Cugia-Ledà, Tola, Salaris, Deliperi;
da Selegas: Serra, Serra-Orgiu, Cao;
da Senorbì: Porqueddu;
da Serrenti: Musiu;
da Tempio: Pes, Misorro, Sardo, Giua;
da Terralba: Delogu;
da Tiesi: Nurra-Flores (o Flores-Nurra: i Nurra sono di Oristano);
da Uta: Serra.

Desidero far notare, per i nomi elencati sopra, che non siamo di fronte ad un trasferimento di famiglie, ma di singoli individui che, trasferendosi in città, costituiscono una nuova famiglia; se vogliamo, si urbanizza un ramo della famiglia che, nella sua parte maggiore, resta nel paese di origine.
Ciò è dimostrato dal fatto che, nel registro parrocchiale, troviamo prima il nome di una persona – lo sposo – nel volume dei matrimoni; gli anni successivi nascono i figli, ed in seguito la nuova famiglia si ramifica e cresce.
Gli stessi nomi incontriamo, dopo qualche anno, in posizioni importanti, nella amministrazione, nella magistratura, talvolta nella carriera militare: sono nomi di persone giovani, da me scelti tra molti altri perché da loro discendono personaggi eminenti.
Naturalmente vi sono casi in cui si trasferisce una famiglia già formata: ci accorgiamo di ciò perché non troviamo nei registri parrocchiali la registrazione del matrimonio e della nascita di alcuni figli, mentre troviamo registrato il battesimo di altri figli; è questo il caso tipico di magistrati che, da una posizione minore, ad esempio dalla Magistratura della Real Governazione di Sassari, vengono promossi giudici della Reale Udienza di Cagliari.

Il ceto di provenienza degli immigrati è spesso la nobiltà di provincia, e comunque l’elemento abbiente: si tratta di figli di proprietari di terre e bestiame, e spesso di podatari o amministratori di feudi; talvolta è lo stesso podatario che si trasferisce nella capitale dell’Isola (è il caso dei Nieddu, Amministratori dei feudi del Marchese di Quirra, e dei Mossa, Amministratori dei feudi del Marchese di Villacidro).
Come già accennato, gli immigrati vengono in genere ad occupare posti tipici della borghesia; non ho notato, dato che ho principalmente esaminato registri di nascite e matrimoni, l’arrivo in città di religiosi: ed in realtà per essi le cause di trasferimento sono diverse da quelle dei laici. A causa della maggiore difficoltà di ricerca non ho neppure esaminato l’immigrazione di contadini, ortolani, carrettieri, falegnami ed artigiani vari, che si costruiscono con le proprie mani la casa – ancora oggi esistono in Villanova e nelle propaggini di Stampace delle tipiche casette campidanesi – e vengono a vivere nei quartieri: si trovano evidentemente i nomi, spesso l’indicazione di provenienza, ma difficilmente da questo genere di documenti si riesce a sapere il tipo di lavoro che esercitano in città.
D’altra parte una ricerca nel campo degli operai e degli artigiani esulerebbe dall’oggetto di questo saggio. Infatti, se è ben vero che la trasformazione socio-economica della città è dimostrata dal processo di sviluppo di tutta la popolazione, è altrettanto vero che il mutamento della popolazione stessa può più facilmente, ed obiettivamente rilevarsi, in questo periodo, dall’analisi della riduzione del peso specifico della nobiltà, in specie quella feudale, e dell’imporsi come guida della città, e dell’isola, della borghesia composta da professionisti e da commercianti. Per questi ultimi è d’uopo notare che ben pochi commercianti sono sardi, mentre la maggior parte provengono dalla penisola e talvolta dall’estero.

L’esame delle famiglie e dei personaggi che prendono residenze in Cagliari nella prima metà del XIX secolo non ci deve trarre in inganno circa il fatto che gran parte di essi acquisterà un titolo nobiliare.
Queste persone – ovviamente del tutto degne della distinzione, pressoché unica in quei tempi, di chiamarsi nobile, don, e taluno conte o barone – non costituiscono né vanno ad arricchire quella che è chiamata per antonomasia la nobiltà feudale, sfruttatrice del popolo, parassita, di coloro che inventano la tassa dell’ “uppeddu de sos sorighes”, classe, o meglio, individui che forse in parte sono esistiti, ma che comunque era necessario creare per il romanticismo sardista e pasticcione degli ultimi cento anni (con qualche appendice odierna…); i nobili dell’800 sono la vera borghesia di Cagliari.

Mi permetterò a questo punto un breve excursus sull’origine della nobiltà in Sardegna. Nel periodo giudicale esistono già i “donnos”: essi sono in primo luogo i Giudici, mentre i più stretti membri della famiglia son “donnikellos”. Ma sono “donnos”, forse in un secondo momento, alcuni parenti dei Giudici, ed anche i maggiorenti delle ville, pur senza parentela con i giudici stessi: ne danno prova documenti del periodo aragonesi in cui di fronte al Feudatario investito dal Re di Aragona troviamo dei vassalli chiamati “Don”: e poiché questi non sono stati nobilitati dagli Aragona è evidente che la loro nobiltà è “ab immemorabili”, ben radicata nella mentalità del tempo (ad es. gli Ispano, de Ledda, de Cariga, Gambella, de Cupeddu, de Atzen, de Riu, Mannu, de Martis, de Martinu, etc.).
Durante il periodo aragonese e spagnolo i feudi venivano concessi o per servizi al Re in guerra o per segnalati servizi civili. In altri casi il feudo viene acquistato (ad es. i Castelvì acquistano Sanluri nel 1479 dallo zio del Re Ferdinando il Cattolico, Enrico Enriquez. Ne diventano Visconti nel 1506) ed il Titolo viene concesso successivamente; in altri casi ancora il Titolo viene concesso per meriti guerreschi a chi già possiede il feudo (è questo il caso di Giovanni Amat, che già possiede la Villa di Villanova del rio, oggi Villanova Monteleone, e nel 1642 viene creato Conte, e nel 1646 Marchese di Villarios).
In un caso, a mia conoscenza, viene concesso il titolo per meriti, senza feudo, né alcuna altra ricompensa di carattere economico; è il caso di Vincenzo Bacallar, titolato da Filippo V nel 1709 del Marchesato di San Filippo.
Durante il periodo savoiardo chi vuole il Titolo acquista il feudo, poi paga al Fisco un certo numero di scudi, ed ottiene il titolo: oppure acquista direttamente dal Fisco un Feudo, già dal Fisco incamerato per mancanza di eredi idonei all’ultimo feudatario, o per indegnità o per altro motivo, e poi ha anche il titolo.
Nel XIX secolo abbiamo qualche caso di concessione del titolo per meriti militari o civili (per meriti militari è creato Marchese di San Maurizio il Generale d’Armata Giovanni Amat di Sorso; per meriti civili il Barone Rossi): in molti casi invece il Titolo inerente alla Carica, come quella di Giudice della Reale Udienza, viene trasformato per concessione Regia da personale ad ereditario.
Prima del 1800 erano inoltre nobili tutti i discendenti maschi del primo nobilitato (e talvolta anche i discendenti delle femmine).

A dimostrazione dell’assunto che i nobili dell’800 siano la vera borghesia, altamente meritoria, della città di Cagliari, possiamo registrare un ampio elenco di nomi: a quelli già elencati si aggiungono i Ballero, Corte, Cossu, Lostia, Mannu, Massidda, Orrà, Ruda, Sanna, Pintor, Pais, Pinna, etc.
Troviamo anche alcuni che vengono dall’Italia, come il magistrato Carlo Paglietti da Torino, il negoziante Giovanni Rapallo da Nizza, il commerciante Agostino Grondona da Genova, Salvatore Rossi dalla Toscana, ed altri.
Alcuni immigrati invece non diventeranno mai nobili, probabilmente perché mai ne fecero richiesta; pur venendo a far parte dell’alto ceto borghese cagliaritano: ricorderò i Vivenet, poi chiamati Vivant, provenienti dalla Francia, i Vodret, etc.
Possiamo concludere con l’affermare che noi vediamo, fino a tutti il XVIII secolo, l’entrata nella classe nobiliare: mentre nel XIX secolo si stabilisce la nuova classe, la borghesia, che spesso, affascinata dall’ancièn regime, ottiene dal Re l’ambito titolo di nobiltà.

Analisi quantitativa e nominativa degli abitanti di Cagliari

Alberto Boscolo, nella sua esauriente analisi “Recenti studi e ricerche sulla storia moderna e contemporanea della Sardegna”, arriva a questa conclusione: “Accadde, pertanto, che mentre altrove fu la borghesia che, conquistato il potere politico, creò una legislazione favorevole ai propri interessi, in Sardegna (…) la legislazione per la privatizzazione della proprietà della terra ed anti-feudale avrebbe dovuto creare la borghesia; ne scaturì invece che, non avendo capitali accumulati con l’industria ed il commercio da investire nella terra, continuò a sfruttare la terra stessa e le persone legate all’agricoltura ed alla pastorizia come in precedenza avevano fatto i feudatari”.
Ora, tale conclusione sarà valida per la Sardegna nel suo complesso; ma, a mio avviso, non è applicabile se non in minima parte alla città di Cagliari.
In questa città infatti il ceto professionale e mercantile, proveniente da tutta la Sardegna e dal continente, non “sfrutterà la terra e le persone legate all’agricoltura ed alla pastorizia”, ma in parte con il commercio, in parte con i proventi della professione ben amministrati, e con altri redditi, porrà solide basi allo sviluppo della città, sviluppo che potrà essere visto con nitidezza solo nei decenni successivi.
I fondi impegnati in tale sviluppo provengono in buona parte anche da agricoltura e pastorizia; ma questi redditi sono dovuti principalmente a capacità di imprenditoria agraria ed armentizia, di valorizzare peschiere, miniere e cave, capacità affievolite, o meglio, completamente scomparse nei feudatari, che infatti da quei cespiti non ricavavano più nulla. Essi erano rimasti annichiliti dalle rivolte di contadini e vassalli della fine del XVIII secolo, e nella loro debolezza ed ignavia si erano affidati ad amministratori, molti dei quali, dotati di intelligenza, cultura, apertura mentale e senso pratico, amministrarono saggiamente, spesso più a vantaggio di sé che dei feudatari. In alcuni casi le cartelle del riscatto dei feudi passarono direttamente dal feudatario all’amministratore-creditore.
La tesi che ho esposto poggia su due fondamentali elementi: la decadenza della nobiltà di origine feudale e la trasformazione della popolazione di Cagliari (la nobiltà di Sassari conservò invece la sua ricchezza non solo per tutto il XIX secolo ma per buona parte del XX!).

La decadenza, anzi lo stato di coma in cui si trova al principio del secolo la nobiltà di origine feudale che vive nella città di Cagliari è facilmente rilevabile, solo che non ci si voglia fermare alla superficie dei fatti.
Le apparenze regali della corte savoiarda, ed il comportamento dei nobili che hanno accolto generosamente i reali in Sardegna non devono trarre in inganno: salvo pochissimi – quali ad esempio il nuovo Marchese di Villahermosa, Stefano Manca di Mores, che ha ereditato le ultime ricchezze ed il Titolo del Genovès, Duca di San Pietro; i Pes di Villamarina, che si sono portate le loro sostanze da Tempio, e pochi altri (i gentiluomini e dame di Palazzo devono fare salti mortali per vestirsi e calzarsi, ne sanno qualcosa sarti e calzolai che debbono attendere anni prima di essere pagati…) hanno minime possibilità di dare ricevimenti, e quando lo fanno, e si tratta di festicciole familiari a noccioline e fichi secchi, devono coalizzarsi tutti i parenti per fornire le suppellettili, i saloni di ricevimento vengono rappattumati all’ultimo momento, e sembrano tenuti su come quinte di teatro (come rilevo da lettere familiari del tempo): né si ha notizia di ricevimenti dati in onore di Reali, o del Viceré; d’altra parte le abitazioni sono in vecchi case fatiscenti, settecentesche o più antiche, e nessuno riesce a costruirsi, non dico un palazzo, ma una casa decorosa.
Ricorderò un episodio: nel 1799 gli uffici statali sardi debbono cercare alloggi per la famiglia reale, cacciata da Torino dagli invasori francesi, e raminga per l’Italia, poiché il Palazzo Viceregio potrà a malapena ospitare il Re, la Regina ed i loro figli. In questa ricerca l’Intendenza decide di acquistare la casa Masones, in Piazza San Pancrazio, a fianco del Convento e Chiesa della Purissima (oggi casa Amat in Via Lamarmora 138), per restaurarla e farne la dimora del Duca del Genevese, il futuro Re Carlo Felice. La casa viene acquistata, riattata, muratori, falegnami, fabbri, vetrai e tappezzieri vi lavorano per oltre sei mesi: ma, nel 1800, il Duca del Genevese arriva a Cagliari, visita la casa, e…rifiuta categoricamente di andarci ad abitare, considerandola indecorosa; andrà infatti per lungo tempo ospite nella Villa d’Orri del suo amico Stefano Manca, poi Marchese di Villahermosa. La casa Masones verrà rivenduta nel 1801, ed acquistata dal Marchese di Villarios Francesco Amat, per Lire sarde 26.753, soldi 8 e denari 10.

La trasformazione della popolazione della città, e cioè del Castello, è stata da me ricercata nel cambiamento delle persone e famiglie che occupano le posizioni di rilievo: non più i nobili feudali ma i nuovi nobili, e cioè la borghesia.
In un periodo in cui ancora non vengono fatti censimenti che forniscano elementi statistici dettagliati sulla popolazione non è facile osservare la trasformazione tipologica degli abitanti di Castello, e le variazioni quantitative dei vari gruppi. Ai fini di questo studio ritengo perciò utile presentare al raffronto alcuni elenchi di carattere ufficiale, tra loro simili anche se non esattamente paragonabili.
Da questi documenti notiamo come nel tempo siano scomparse diverse famiglie feudali (Cervellon, Carroz, Zatrilla), nuove famiglie nobili siano arrivate da varie parti dell’isola (il Nurra Marchese di Arcais da Oristano, che per la sua ricchezza porta in città ingenti capitali; il Simon Marchese di Samassi, i Pes nei due rami di Villamarina e San Vittorio, Alberto della famiglia Manca dell’Asinara, un ramo della famiglia Tola di Sassari.
Nel 1822 troviamo poi tanti altri nomi nuovi: quelli dei Giudici Mameli, Pinna, Giua, Paglietti, Serralutzu, Mannu, Carta Bassu, Pes, Azuni, Paderi, Bruscu; dei militari Orrù, Boyl, Quesada, De Candia; il protomedico Prof. Boi; gli avvocati Nieddu, Melis, Ballero, Misorro, Balistreri, Siotto Pintor, Teròl, Tiragallo, etc.
Se andiamo avanti di alcuni anni, intorno al 1835, abbiamo una sempre minore presenza delle famiglie di antica nobiltà, mentre esiste una nuova elite proveniente dai vari centri dell’Isola, e in piccola parte dal continente, costituita da persone nuove e che ricopre la grande maggioranza delle posizioni di rilievo; sono assai pochi i giudici, funzionari, professori, avvocati, medici e cioè i borghesi, piemontesi e non sardi; i commercianti ed industriali sono invece pochi e non sardi; è rilevante invece il numero degli avvocati – 101 – e procuratori – 21 – e così pure il numero dei Professori Universitari – 74 effettivi più 36 emeriti –, per una città che ha meno di 30.000 abitanti, pur tenendo conto dell’ubicazione in essa dell’Unica Magistratura Suprema dell’isola, la Reale Udienza, e di una delle due università.
I personaggi emergenti provengono nella quasi totalità da famiglie che nulla più hanno a che vedere con la antica nobiltà: queste famiglie daranno i maggiori uomini di Cagliari nella seconda metà dell’800, e nel XX secolo; senza però escludere personaggi di famiglie nobili, dopo che queste ebbero superata la decadenza degli ultimi tempi feudali.

Tavola 1: Elenco di nobili creati o riconosciuti tra la fine del XVIII ed i primi decenni del XIX secolo, residenti in Cagliari:
1777 Massidda Martino (Santulussurgiu);
1785 Mannu Giov. Michele (Ozieri);
1789 Corte Giuseppe (Oristano);
1797 Paderi Antonio (Villanovafranca);
1799 Ballero Benedetto (Alghero);
1799 Marcello Domenico (Ovodda);
1799 Orrù Antonio (Sardara);
1802 Misorro Giuseppe (Tempio);
1803 Matzeu Luigi (Gonnostramatza);
1803 Musio Bartolomeo (Orune);
1813 Boy Antonio Angelo (Elmas);
1814 Falqui Maurizio (Tempio);
1814 Pais Michele (Sassari);
1814 Porcile Giovanni (Carloforte);
1814 Ruda Filippo Antonio (Samatzai);
1814 Sanna Ant. Vincenzo (Mogoro);
1815 Mossa Luigi (Cagliari);
1819 Lostia Giov. Battista (Cagliari);
1822 Coni Sisinnio (Ales);
1823 Cossu Pietro (Cagliari);
1829 Serpi Lilliu Antioco (Sardara);
1829 Pinna Salvatore (Macomer);
1830 Rugiu Matteo (Sassari);
1831 Scano Giacinto (Austis);
1833 Garau Enrico (Arbus);
1835 Pintor Fortunato (Cagliari);
1837 Musio Efisio (Serrenti);
1842 Falqui Bernardino (Tempio);
1842 Salaris Sebastiano (Sassari);
1842 Novaro Luigi (Cagliari);
1847 Melis Domenico (Cagliari);
1847 Rossi Salvatore (Cagliari);
1848 Mossa Francesco (Cagliari);

Tavola 2: Elenco di nobili e feudatari che vivono a Cagliari (anno 1773)

Feudatari:
Il Marchese di Albis (Giovanni Manca Zapata); Il Conte di Villasalto (Ignazio Zatrillas); Il Marchese di Sedilo (Gio.Maria Solinas); Il Barone di Villaperuccio (Francesco Giuseppe Otgier); Il Marchese di Pasqua (Pietro Vivaldi); Il Marchese di San Filippo (Giovanni Amat Manca); La Marchesa di San Saverio (Francesca Brunengo Pilo); Il Marchese di Santa Maria (M.a Gerolama Roma Malliano); Il Barone di Samatzai (Francesco Cervellon); Il Barone di Sorso (Giuseppe Amat Malliano); Il Marchese della Planargia (Ignazio Paliaccio); Il Marchese di Villarios (Francesco Amat Masones); Il Marchese di Conquistas (Cervellon – contestato); Il Marchese di Soleminis (Pietro Vico Amat); Il Visconte di Fluminimaggiore (Gavino Asquer); Il Marchese di San Sperate (Giuseppe Cadello); Il Marchese di San Carlo (Giaime Borro);

di famiglia feudale:
Don Antonio Cervellon, Don Pedro Ripoll; Don Manuel Vivaldi; Don Ignazio Ledà; Don Juan Battista Marti; Don Alberto Manca; Don Antioco Ripoll; Don Baldassarre Carroz; Don Francesco Carrozz; Don Antioco Cadello.

Nobili di origine non feudale:
Don Antonio Natter; Don Gaetano Freudiani; Don Francesco Rodriguez; Don Tomaso Falqui; Don Giorgio Corrias; Don Salvador Nieddu; Don Antonio Pitzolo; Don Francisco Carnicer; Don Ramon Salaris; Don Antiogo Capay; Don Giuseppe Valentino; Don Martino Pitzolo; Don Salvador Rodriguez; Don Juan Bautista Guirisi; Don Felice Falqui; Il Conte Musso; Don Juan Pedro Puliga; Don Francisco Ramon Gaya; Don Juanico Musso; Don Nicola Ferragona; Don Gavino Pilo; Don Francisco Gaya; Don Luis Cao; Don Joseph Cao; Don Ignazio Cordilla; Don Joseph Olivar; Don Juan Bautista Sanna; Don Perico Piras.

Tavola 3: Elenco di cavalieri e nobili esistenti in Castello (Anno 1822):
Conte Don Salvatore Lostia,
Don Luigi Grondona,
Don Vincenzo Fenucio,
Rev. Don Luigi Atzeri,
Don Luigi Tiragallo – Presidente,
Don Felice Teròl – Uditore di Guerra,
Don Francesco Delrio,
Don Carlo Quesada, Marchese di San Saverio – Generale,
Famiglie Incani e Cara,
Famiglie Umana e Dedoni,
Don Giovanni Puggioni,
Don Francesco Nurra, Marchese di Arcais,
Don Giovann’Antonio Tola,
Don Tomaso Nin, Marchese di S.Tomaso e famiglia Carcassona,
Don Diego Cugia,
Donna Speranza Paliaccio,
Don Giovanni Mameli – giudice,
Famiglie Nieddu – Falchi,
Famiglia Lepori,
Don Enrico Sardu,
Don Giuseppe Simon, Marchese di Samassi,
Don Bernardino Falchi Pes – Avvocato,
Famiglie Sulis, Falchi, Prunas, Pes
Don Ignazio Aymerich, Marchese di Laconi,
Decano Don Pietro Sisternes,
Don Luigi Orrù, Maggiore di Piazza,
Famiglia Scarpinati-Carta,
Conte Don Raffaele Porcile,
Conte Don Giovanni Porcile,
Don Carlo Boyl, Colonnello d’Artiglieria,
Famiglia Matta-Fancello,
Don Giuseppe Pinna, Giudice e famiglia Pinna-Fara,
S.E. Don Giacomo Pes di Villamarina,
Marchese di Neoneli Ripoll Cadello,
Conte Don Pietro Ballero,
Don Alberto Manca dell’Asinara,
Don Giuseppe Pes, Marchese di San Vittorio,
Famiglia Grondona Flores,
Don Francesc’Angelo Giua, Giudice,
Don Carlo Paglietti, Giudice,
Don Agostino Serra, Commendatore di S.Maria, e famiglia Serra-Bologna,
Don Giuseppe Massa,
Famiglia Lostia Fenuciu,
Don Pietro Misorro, Avvocato,
Don Giovanni Amat, Marchese di San Maurizio, Generale,
Don Domenico Fois,
Don Pietro Nieddu, Avvocato,
Canonico Don Pietro Quesada,
Don Battista Serralutzu, Giudice,
Don Francesco Mannu, Giudice,
Don Efisio Cao e famiglia Cao-Serralutzu,
Don Giuseppe Luigi Carta,
Don Francesc’Antonio Boi, protomedico,
Famiglia Angioi,
Famiglia Ghisu,
Famiglia Castelli,
Famiglia Corte,
Don Efisio Carta-Bassu, Giudice,
Famiglia Porqueddu-Meloni (da Senorbì),
Famiglia Cao-Venuti,
Marchese Don Efisio Zappata e famiglia,
Don Pietro Cossu, Conte di Sant’Elena, Avvocato,
Don Efisio Ciarella,
Famiglia Lostia-Maramaldo,
Don Alberto Azuni, Giudice,
Famiglia Mameli-Paradisu,
Don Giuseppe Paderi e famiglia, Giudice,
Don Antonio Bruscu, Giudice,
Famiglia Cao-Incani,
Famiglia Salazar-Olivar,
Famiglia Pruner-Matta,
Don Raimondo Melis, Avvocato,
Famiglia Melis e Satta,
Don Luigi Canelles,
Famiglia Pullo, Pes, Del Vecio,
Don Giuseppe Pes, Giudice,
Famiglia Turleti-Marcello,
Famiglia Asquer-Navoni,
Conte Lostia e famiglia Lostia-Grondona.

Elenco di alcuni sardi che ricoprono incarichi importanti negli Uffici Pubblici, nella Magistratura, ecc. in Cagliari (Anno 1835):
Abate Dr. Gavino Defraia, Giudice Ecclesiastico,
Can. Don Faustino Baille, Giudice Ecclesiastico,
Avv. Pietro Mameli, Refendario nella Real Cancelleria,
Not. Giuseppe Isola, Segretario nella Real Cancelleria,
Don Giuseppe Musio, Reggente la Segreteria di Stato e Guerra,
Avv. Domenico Melis, sostituto la Segreteria di Stato e Guerra,
Don Antonio Bruscu, Censore Generale,
Conte Don Francesc’Angelo Giua, Presidente Reale Udienza,
Don Giuseppe Paderi (Giudice Reale Udienza),
Don Sebastiano Salaris (Giudice Reale Udienza),
Don Diego Pes (Giudice Reale Udienza),
Don Francesco Mossa Fancello (Giudice Reale Udienza),
Don Giuseppe Pinna Pes, (Giudice Reale Udienza),
Don Giovanni Caboni (Giudice Reale Udienza),
Don Salvatore Floris (Giudice Reale Udienza),
Don Efisio Luigi Pintor Porcu (Giudice Reale Udienza),
Don Giovann’Antonio Tola (Giudice Reale Udienza),
Don Giuseppe Gnecco (Giudice Reale Udienza),
Don Giovanni Siotto Pintor (Avv. Sostit. Avv. Fiscale generale),
Avv. Gavino Salaris (Avv. Sostit. Avv. Fiscale generale),
Avv. Domenico Picinelli (Avv. Sostit. Avv. Fiscale generale),
Avv Don Francesco Maria Serra (Avv. Sostit. Avv. Fiscale generale),
Don Pasquale Randaciu, Avv fiscale generale patrimoniale,
Avv. Don Efisio Ballero, sostituto Avv. Fiscale generale patrimoniale,
Avv. Don Luigi Carta Depani sostituto Avv. Fiscale generale patrimoniale,
Don Giovanni Nepomuceno Rattu, Avv. Dei poveri e Giud. Real Udienza,
Avv. Efisio Porcu, sostituto Avv. Dei poveri e Giud. Real Udienza,
Avv. Pasquale Rodriguez, sostituto Avv. Dei poveri e Giud. Real Udienza,
Don Luigi Tiragallo, Presidente del Magistrato del Consolato,
Don Filippo Altea Soggiu, Giudice del Magistrato del Consolato,
Avv. Agostino Manca Salis, Giudice del Magistrato del Consolato,
Negoziante Salvatore Rossi, Console della Magistratura del Commercio,
Negoziante Giuseppe Novaro, Console della Magistratura del Commercio,
Avv. Don Antonio Teròl, Vicario di Cagliari,
Avv. Salvatore Corongiu, Assessore per Castello, e quartieri di Marina e Stampace,
Avv. Fortunato Ciuffo, Assessore per il quartiere di Villanova,
Avv. Don Gavino Delitala, Sottointendente del Trib. Del Real Patrimonio,
Avv. Girolamo Azuni, Sottointendente del Trib. Del Real Patrimonio,
Don Gaetano Pes, Intendente e Dir. Gen. del debito pubblico,
Avv. Gioachino Pintor Porcu, Vice Intendente,
Don Francesco Rapallo, Tesoriere,
Avv. Don Gavino Delitala, Commissario,
Don Pietro Pes, Controllore Generale in Cagliari,
Avv. Fortunato Pintor, Tesoriere Generale del Regno,
Don Francesco Mameli, Ingegnere Regie Miniere,
Don Raffaele Lostia, Insinuatore Reale.

Sono in massima parte diretti da Sardi inoltre vari uffici finanziari di minore importanza, quali Dogane, Gabelle, Sale, Tabacchi, Commissariato di Guerra, Intendenza Generale di Marina, Amministrazione della Marina mercantile, Poste, Tabellionato, Regie fabbriche militari, Munizioni, Fortificazioni, Amministrazione delle Torri, etc.
Negli Uffici di beneficenza troviamo, oltre quelli che vi partecipano per la carica, come il Viceré, l’Arcivescovo, ed altri:
Avv. Antonio Ballero Brayda, Don Raffaele Lostia, Don Giuseppe Amat, Giudice Don Francesco Mossa, Avv. Vincenzo Valle, Benefic. Vincenzo Fancello, Can. Porcu, Can. Vincenzo Fois, Can. Ignazio Vodret, Can. Murgia, Don Lodovico Baille, Don Giovanni Puggioni.
Tra i non cagliaritani, il negoziante Rossi, Console Generale dell’Impero austriaco, ed il negoziante Gregorio Vodret, Console Generale Pontificio.
Nel quadro della burocrazia, e degli uffici in genere, non troviamo sardi tra i consoli delle nazioni estere, residenti in Cagliari, o meglio non troviamo sardi da antica data: infatti è console d’Austria Salvatore Rossi; del Brasile, Carlo Torèl (vice-console); della Porta Ottomana, Giuseppe Novaro; di Roma, Gregorio Vodret; di Toscana e del Ducato di Lucca, Don Lodovico Baille; Per Inghilterra e Svezia e Norvegia, troviamo Giorgio Bomeester Esq. Inglese, per la Francia il Cav. della Legione d’onore Desirè Emanuel Cottard, e per Napoli Giuseppe Ramirez.
E’ interessante anche il quadro dei Professori della Università di Cagliari: abbiamo nell’anno 1835 un corpo insegnante costituito da n.74 tra professori e collegiati, più n.36 professori emeriti; essi sono in massima parte sardi.

Avvocati ammessi a patrocinare avanti alla Reale Udienza a Cagliari,
Azzara Andrea (Professore Onorario di Leggi), Azzara Spano Giovanni, Angius, Ballero D. Antonio, Ballistreri, Caboni Federico, Canopia, Cao D. Gerolamo, Cara, Carta Farina di Michele (Prefetto del Collegio), Carta Serra, Carta Sciacca, Ciciloni, Ciuffo, Congiu, Contu Lai, Contu Orrù, Corda Racca, Corongiu, Corona Floris, Cossu Cossu, Cossu Baille, Cuca, Deidda, Delrio, Dessì, Deplano Efisio Luigi, Doneddu, Falchi Massidda, Falqui Pes, Fanni, Fenucciu, Floris Michele, Floris Palmas, Fois D. Bardilio, Frau Melis, Frau Porcu, Furcas Raffaele, Ferdiani Gaetano, Firinu Floris Giovanni, Gessa, Lai Salvatore, Leo Brundu Luigi, Liberti, Lippi, Lobina, Loi, Longu, Longu Gianbattista, Lombardi, Loi Gaetano, Mameli Pietro, Mameli Cristoforo, Mancosu, Manis, Manca Randaccio, Marghinotti Luigi, Marini Giovanni, Marini Gaetano, Mariotti, Marongiu, Mattana Orrù, Melis D. Raimondo, Melis Alagna, Meloni Antioco, Misorro D. Gavino, Manconi, Marini Demuro, Misorro D. Pietro, Mundula, Nieddu D. Pietro (Conte), Nieddu D.Antonio, Nurra, Ortu, Paglietti D. Raffaele, Pais, Pabis, Palomba, Perra, Persi, Pinna, Pintor Cabras Vincenzo, Pintor Melis, Piccaluga, Piras Giuseppe, Piras Cabras, Pugioni D. Giovanni, Pullu D.Antioco, Pasella Pietro, Randacciu, Riva, Saiu Ghirisi, Salaris, Sanna Pes, Santino, Secci, Sechi Antonio Angelo, Selis Vincenzo, Serralutzu, Siotto Pintor D. Efisio, Sepulveda D.Giuseppe, Tealdi, Therol D. Felice, Therol D.Antonio, Tiragallo, Unida, Uselli, Usai, Vacca, Virdis, Valle Vincenzo.

Collegio dei Procuratori:
Aru Vincenzo (Sindaco della città), Boi Giovanni (Tesoriere civico e Tesoriere del collegio), Carta Pasquale, Cocco Antonio, Cossu Agostino, Dessì Valeri Sebastiano (Segretario), Doneddu Pietro, Floris Francesco, Lecca Raimondo, Manca Murtinu Efisio, Mura Pasquale, Mameli Efisio, Pani Gavino, Pili Vincenzo, Rattu Bernardo, Sanna Giuseppe Antonio, Satta Demetrio (Sindaco dell’Amm. Delle Torri), Serra Francesco Ignazio, Soro Antonio, Todde Efisio.

Liquidatori:
Dessì Giuseppe Simone, Manca, Murroni Nicolò, Puddu Francesco, Lussu Felice, Scotto Giovanni Antonio,

Società Reale Agraria ed Economica di Cagliari (Anno 1835):
Sardi presenti tra i membri effettivi (59 su 73):
Soci ordinari: Stefano Villahermosa (Presidente); Lodovico Baille (Vice Presidente); Can. Efisio Muscas e Francesco Maria Serra (Segretari); Pietro Ballero (Tesoriere); Pietro Cossu (Vice Tesoriere); Giannantonio Tola e Bernardino Falchi Pes (Censori).
Abossi Luigi, Baille Faustino, Ballero Antonio, Boi Francesco, Boil Carlo, Brundu Salvatore, Bruscu Antonio, Caboni Giovanni, Caboni Stanislao, Cani Antonio, Carta Farina Michele, Deidda Sebastiano, Dettori Gio. Maria, de Quesada Raimondo, Floris Michele, Fois Domenico, Fois Vincenzo, Grondona Antonio, Grondona Tomaso, Mameli de’Mannelli Giovanni, Mameli Francesco, Manno Giuseppe, Manunta Antonio, Meloni Baille Giovanni, Mossa Francesco, Muscas Efisio, Nieddu Pietro, Nin Tomaso, Nurra Francesco, Paderi Giuseppe, Pes Pietro, Porcu Gaetano, Rattu Giovanni Nepomuceno, Tola Giovann’Antonio.

Soci onorari: Altea Andrea; Bua Giovanni Maria; Cossu Demetrio, Floris Palmas Tomaso, Manca Carlo, Onnis Efisio, Orrù Francesco, Orunesu Francesco, Palliaccio Nicolò, Quigini Puliga Pietro, Rugiu Matteo, Satta Liberato, Simon Giuseppe, Spanu Antonio, Tola Pasquale, Tore Antonio, Vidili Antonio.