Il feudo di Tuili

Durante il governo nazionale dei Giudici, in Sardegna, non esisteva il regime feudale. I “da Capraia”, i Doria, i Donoratico, i Grimaldi, i Malaspina, i Massa, gli Spinola, i Visconti governarono da sovrani le terre a loro pervenute in seguito a parentele contratte con le famiglie giudicali o per diritto di conquista.
Nell’Isola, prima nei Giudicati di Cagliari, Torres e Gallura, posteriormente nel Giudicato di Arborea, il feudalesimo venne instaurato dagli Aragonesi dopo la conquista del Regno, avvenuta, per quanto instabilmente, nel 1323.
A capo dei feudi vennero preposti nobili e cavalieri catalani, aragonesi, valenzani e maiorchini, fatta eccezione del sardo Bartolomeo Casu, creato Visconte di Galtellì nel 1355, la cui famiglia, in seguito alla vendita del feudo in favore del nobile Benvenuto Graffeo, avvenuta nel 1370, scomparve dal rango dei feudatari, restandole i modesti titoli di “Cavaliere, Nobile, Don”. Identica sorte toccò alla famiglia Dedoni.
A Ugone III d’Arborea, che combatté valorosamente, più come alleato che vassallo, a fianco dell’esercito aragonese, con diploma del 21 maggio 1323, vennero concesse, a titolo di feudo nobile, tutte le terre che possedeva come giudice.
Fino al 1354 il Giudice d’Arborea rimase fedele alla Corona d’Aragona, ma Mariano, succeduto al fratello Pietro, forse per scuotere il giogo di vassallaggio, abbandonò gli aragonesi, rivolgendo le armi contro di loro.
E fu precisamente in questo frangente che il Re d’Aragona, per ragioni diplomatiche, per scuotere la potenza d’Arborea e allo stesso tempo per attirare alla sua causa la potente famiglia genovese, nel 1355 concesse in feudo la Marmilla, compresa la villa di Tuili, a Matteo Doria.
E’ dubbio però che questi riuscisse a governare il nuovo feudo, sia per la guerra che si scatenò furibonda fra il Giudice d’Arborea e gli Aragonesi, sia perché presentisse una possibile vittoria dei Sardi, sia anche perché gli Aragonesi cercarono sempre di abbattere tutte le famiglie pisane e genovesi che in Sardegna avevano preminenti posizioni politiche e sociali, i Doria si affiancarono alle truppe sarde.
Nel Giudicato d’Arborea, ultimo a resistere all’invasione aragonese, il feudalesimo ebbe veramente inizio dopo la famosa battaglia di Sanluri del 30 giugno 1409, in cui cadde il glorioso giudicato, baluardo dell’indipendenza sarda.
Dopo la caduta definitiva dell’Isola nelle mani degli Aragonesi, il Re tolse il feudo della Marmilla, compresa la villa di Tuili, ai Doria, colpevoli di fellonia, e il 15 luglio 1409 l’infante Don Martino d’Aragona, re di Sicilia, concesse in feudo le ville di Mara, Tuili e Gesturi a Gerardo De Doni, abitandolo ancorché non fosse de paratico vel de genere militari, il quale si distinse per coraggio e generosità nelle guerre di Sicilia e nella battaglia di Sanluri. Il feudo gli venne confermato il 28 novembre 1409.
Con diploma del 26 aprile 1421 del Re Alfonso V le ville di Mara, Tuili e Gesturi vennero concesse in “feudo rigoroso” al figlio di Gerardo: Giovanni De Doni. Da questi passarono al figlio Gerardo De Doni II, sposatosi a Marchesa Aragall, investito il 25 luglio 1440.
Verso il 1450 i predetti coniugi vendettero al rispettivo cognato e fratello Giacomo Aragall un capitale censo di L. 600 annue ipotecando la Villa di Tuili.
Pare che dopo tale vendita l’Aragall subentrasse di fatto nell’amministrazione del feudo, ciò che si desume da un documento (Registro 2637 – Alfonso V – foglio 166v) presente nell’Archivio della Corona d’Aragona in Barcellona. Il documento riporta una lettera del 18 marzo 1455 del Re Alfonso il Magnanimo, con la quale il Sovrano fa presente al Vescovo e al Capitolo di Usellus di aver comunicato a Jacopo Aragall, Signore di Tuili, e a Jacopo Carroz, conte di Quirra, Luogotenente dell’Isola, la nomina avvenuta il 14 febbraio 1454 di Giovanni Gordiola, dottore in utroque jure ad Arciprete di Tuili, al posto di Bartolomeo Torrents defunto.
Secondo una notizia contenuta nel volume BC.9, f27r dell’Archivio Antico dell’Archivio di Stato di Cagliari appare Gabriele Vacquer, Signore di Tuili, che può essere collocato nel periodo 1470-1478.
Parrebbe che la sua investitura dipendesse da Leonardo Alagon, ribelle al Re, che riconquistò tutti gli stati di Arborea, compresa anche Tuili, appartenente alla Marmilla, in conseguenza della battaglia di Uras. Tanto è vero che il Vacquer, essendogli insopportabile la residenza di Tuili, oberata da censi dai Dedoni prima e da lui dopo e quindi non redditizia, l’abbandonò rifugiandosi in Oristano presso il Marchese Leonardo Alagon, con cui doveva avere strette relazioni d’amicizia e di dipendenza.
Con la sconfitta definitiva del Marchese di Oristano, avvenuta nel 1478, la sorte del Vacquer era ormai segnata: non poté logicamente riavere il feudo e per scansare maggiori pene fu perdonato dal Re, mediante lo sborso di 50 fiorini d’oro.
Passata la tormenta e oramai ridotta definitivamente all’obbedienza tutta l’isola sotto lo scettro d’Aragona, le cose ritornarono alla normalità.
Pietro Aragall, succeduto al padre Giacomo, per rifarsi dei crediti e per sistemare definitivamente la questione, dopo aver fatto condannare Gerardo Dedoni, instò perché si procedesse contro di lui con atti esecutivi, per cui ottenne il pubblico incanto della Villa, che venne aggiudicata al migliore offerente nella persona di Salvatore De Sena, con atto 11 settembre 1481. Ma poiché il Re Ferdinando fin dal 14 febbraio 1481 la concesse a Giovanni Santa Cruz, venne annullata la vendita fatta al De Sena.
Giovanni Santa Cruz, dottore in Leggi, assessore del Viceré, si segnalò nella conquista del Marchesato di Oristano. Alla nobiltà dei natali e allo splendore delle sue imprese militari, accoppiò eminenti atti di munificenza, che largamente profuse durante il suo governo feudale.
I grandiosi polittici, dichiarati monumento nazionale, opere insigni della scuola del cosiddetto Maestro di Castelsardo, si devono precisamente alla sua personale munificenza. Ciò si desume da un atto notarile del notaio Giovanni Carnicer, rogato il 4 giugno 1500 a Cagliari, alla presenza dei testimoni Bernardo Catala curritor aurj, Giovanni Garcia Santa Cruz, nipote di Giovanni, e Bernardino Uda, pastore, conservato nell’Archivio Capitolare di Cagliari n.94 d’inventario, ove è detto che Giovanni Santa Cruz e Iolanda coniugi, Signori della Villa di Tuili, “ob causam solvendi quoddam retaule quod fieri fecimus operari et dipingi solemniter ut decet pro Ecclesia dite ville nostre de Thuilj” costituirono a favore di Nicolò Gessa un censo annuo perpetuo di L.20, moneta cagliaritana, corrispondente al capitale di L.200, con patto di riscatto e con la penale di L.15 in caso di non effettuato pagamento delle pensioni, obbligando in garanzia tutti i loro beni presenti e futuri.
Da Giovanni il feudo passò al figlio Salvatore, e da questi a Jacopo che sposò Agostina de Prunai, la quale dal 1650, resasi vedova, governò il feudo in nome del figlio minorenne Emanuele.
Dopo la sua morta la villa venne venduta il 23 giugno 1659 ad Ambrogio Martin, mercante genovese, la cui casata venne elevata alla dignità equestre e nobiliare verso il 1700.
Ad Ambrogio, deceduto senza prole, successe il nipote “ex fratre” Michele Martin, e da questi, deceduto anche lui senza discendenti diretti, il feudo passò alla sorella Marianna, la quale andò sposa a Gerolamo Cervellon, Barone di Samatzai, per cui il 23 dicembre 1662 diventò anche, in forza del matrimonio, Signore di Tuili.
A Marianna Martin-Cervellon si deve la costruzione della volta a botte della chiesa filiale di S.Antonio Abate, eseguita nel 1694 dal M° Battista Maria Albanil di Ales.
Dall’unione di Gerolamo Cervellon e Marianna Martin nacque una figlia: Marianna, che il 15 luglio 1704 sposò Giovanni Battista Fortesa, Conte di Monteacuto.
A Marianna Cervellon si deve la mitra d’argento massiccio, tuttora esistente, donata perché ne venisse ornato il celebre e vetusto simulacro di S.Antonio, cui il popolo attribuisce virtù taumaturgiche; nel retro della stessa si legge la seguente incisione: “Esta es limosna & ha echo mi Señora la condesa de Monteagudo & Señora de Tuili en el año 1715” .
Morirono senza prole, per cui il feudo passò, per disposizione di Marianna Cervellon, la vera investita, il 18 gennaio 1737, ad Angela Pilo, Marchesa de las Conquistas.
Angela Pilo Cervellon, figlia di Francesco Agostino, sposò in prime nozze Michele Cervellon, Marchese di Conquistas, e in seconde Giuseppe Vico Torrellas.
Per mancanza di discendenti la villa, per disposizione della Pilo, passò il 7 marzo 1755 a Pietro Ripoll che nel 1774 venne creato, oltre che Marchese di Neoneli, Conte di Tuili, titolo quest’ultimo che viene assunto dal primogenito durante la vita del padre. Da questo momento la Signoria di Tuili viene elevata al rango di Contea.
Il primo Conte di Tuili fu quindi Pietro Ripoll, figlio di Emanuele e di Maria Grazia Manca, che sposò Giovanna Asquer. Ebbe due figli: Emanuele, erede del feudo e del titolo, e Michele, colonnello nelle RR. Armate e Capitano del Porto di Cagliari, deceduto celibe.
Emanuele Ripoll-Asquer, secondo Conte di Tuili, sposò Giovanna Maria Nin di S.Tomaso, da cui ebbe un figlio: Pietro Ripoll-Nin, terzo Conte, che sposò Anna Cadello di San Sperate.
L’erede del feudo sarebbe dovuto essere Emanuele Ripoll-Cadello, ma essendo morto bambino, i titoli feudali passarono alla sorella Mariangela Ripoll-Cadello, che ereditò quindi i titoli di Marchesa di Neoneli e Contessa di Tuili.
Vi furono poi altre tre sorelle: Peppina, sposata a Francesco Sanjust di Teulada; Margherita, sposata al Marchese di San Vittorio, Pietro Pes, alla quale spettarono i beni di Tuili; Nunziata, suora.
All’abolizione del feudo, nel 1836 ne era titolare Mariangela Ripoll-Cadello, da cui, avendo sposato Carlo Sanjust, i titoli di Marchese di Neoneli e Conte di Tuili passarono alla casa Sanjust, la quale tuttora riunisce i titoli di Barone di Teulada, Marchese di Neoneli e Conte di Tuili.