Il Feudo di Teulada

Il nome Teulada deriva con ogni probabilità da quello latino Tegula, presumibilmente alludente a una qualche fabbrica di laterizi, e quasi certamente derivante da un preesistente centro fenicio-punico. L’attuale abitato è il medesimo esistito in epoca feudale, ma trae origine da ripetuti e non perfettamente documentabili spostamenti, dovuti essenzialmente al ripetersi di disastrose incursioni arabe e berbere nei secoli VIII-XI, epoca in cui dell’antica perizia marinaresca dei fenicio-punici, gli abitanti delle zone costiere della Sardegna avevano perduto perfino il ricordo. A quei tempi risale infatti la decadenza prima e il totale abbandono poi di antichi centri, tra cui, nella zona di cui qui si tratta, in particolare Nora e Bithia, ma anche la meno importante Tegula.

Gli abitanti di tali centri, secondo un motivo comune a gran parte dell’Isola, si ritirarono verso l’interno, in zone difese essenzialmente da distese paludose o da lagune poco profonde, che impedissero ai saraceni di piombare di sorpresa sugli abitati, ma che consentissero al contrario agli abitanti di salvarsi con la fuga. Bisogna anche notare che l’archeologia ha rilevato la presenza di installazioni portuali antiche sotto la superficie attuale del mare: ciò fa supporre che la graduale sommersione dei moli a causa dell’ingressione marina dovesse portare un contributo non trascurabile alla lenta rovina dell’economia mercantile delle antiche città marinare di origine fenicia e al loro conseguente abbandono. Va anche notato che le cronache arabe coeve sono costrette ad ammettere che i Sardi del periodo giudicale erano tutt’altro che disposti a subire passivamente assalti, razzie, violenze e saccheggi; se a ciò si aggiunge la riconquista cristiana della Sicilia da parte dei Normanni e l’ascesa concomitante delle repubbliche marinare italiane, in particolare Pisa e Genova, si trova la spiegazione della temporanea ma lunga stasi degli assalti barbareschi alla Sardegna tra i secoli XI e XIV circa.

Teulada fu costituita in Signoria feudale molto presto, subito dopo la conquista aragonese, e fu concessa in feudo al catalano Bartolomeo Cespujades, per meriti militari acquisiti durante la prima fase della conquista dell’Isola, nel 1355. Tuttavia per quasi due secoli le vicende di Teulada restano oscure, a causa della devastante guerra che ben presto si scatenò tra gli Aragonesi, ben decisi a insignorirsi di tutta la Sardegna, e i Giudici d’Arborea, altrettanto determinati a mantenere la propria sovranità non recognoscens superiorem. A causa della guerra, l’economia decadde, le campagne divennero deserte, moltissimi piccoli e piccolissimi villaggi furono abbandonati dagli abitanti che preferivano concentrarsi in aggregati piú numerosi e piú facili a difendersi contro violenze, saccheggi e rappresaglie. Bisogna arrivare al 1513 per ritrovare Teulada, sotto forma di feudo proprio retto secondo il mos Italiae, nelle mani di Franceschino Rosso, alla cui morte senza discendenza il feudo ritornava proprietà della Corona. Teulada doveva essere, anche in accordo con quanto scritto dal Fara, una tra le numerose ville distrutte e/o abbandonate, e sorgeva presso la confluenza dei due rii Sa Stoia e Launaxi, in località Sant’Isidoro. Alle devastazioni della guerra tra Regno d’Aragona e Giudicato d’Arborea si erano infatti aggiunte le rinnovate, micidiali scorrerie dei pirati barbareschi, cui tutta la costa meridionale sarda era estremamente esposta.

Dopo la devoluzione, si arrivò all’8 marzo del 1603, data in cui venne infeudata a Pietro Porta, per la somma modestissima di Lire sarde tremila. L’esiguità della cifra pagata era giustificata dall’obbligo per il nuovo signore di edificare a proprie spese alcune torri di difesa contro le incursioni barbaresche: Las Ganas (Piscinní), San Giovanni (Portu Budellu), Portu Scudu. Si trovano sulla costa, lungo il tratto che separa il porto di Teulada da Chia. La torre di Portu Budellu fu costruita nel 1601 sul promontorio che domina la stretta insenatura, e svolgeva la duplice funzione di controllare la stretta insenatura e anche la peschiera, impiantata dal Porta nella laguna interna. Quella di Piscinní, costruita nel 1595, svolgeva anch’essa funzione di sorveglianza verso l’approdo e lo stagno restrostante. Infine la tore di Portu Scudu, la piú antica, fu però riattata e rinforzata proprio in funzione difensiva contro le minacce provenienti dal mare. Tali torri non riuscirono tuttavia a impedire, nel settembre del 1606, lo sbarco dei pirati saraceni e il terribile saccheggio a cui costoro sottoposero Teulada. Al contrario, proprio l’intervento dei pezzi di artiglieria dislocati su dette torri impedí nel 1626 che la nave su cui viaggiava il Visitatore generale del Regno, Martín Carrillo, fosse catturata, sempre dai pirati barbareschi. Pietro Porta era un uomo attivo e determinato: introdusse nuovi metodi per la pesca del corallo, e diede inizio alla pesca razionale del tonno. Il feudo era ampio, e tra gli altri privilegi del titolare vi era pure la possibilità di alienarlo, in pratica disponendone come di cosa propria, anche a estranei, con disposizione tra viventi. Alla morte di Pietro Porta, il 3 ottobre 1620, la figlia Caterina Porta Pintor lo portò in dote al marito Salvatore Sanna, il 4 febbraio 1621. Il nuovo signore feudale doveva constatare però che nonostante le iniziative economiche del suocero in favore del territorio di Teulada, questo restava sostanzialmente spopolato, non essendo le torri costiere sufficienti a scongiurare i frequenti assalti barbareschi. Questi assalti non sempre volgevano a favore degli aggressori: narrano le cronache che il 15 settembre 1628 si combatté presso la torre o casa forte di Sant’Isidoro una cruenta battaglia tra i pirati barbareschi e gli abitanti di Teulada: dopo una prima fase incerta, i teuladini ebbero la meglio e, volti in fuga i barbareschi, li inseguirono fino alle loro navi, facendone grandissima strage. A motivo del perdurante pericolo saraceno, Salvatore Sanna ottenne dal Re Filippo IV che fossero concessi sostanziali vantaggi fiscali a chi si trasferiva da altri territori sardi a prender fissa dimora nel territorio di Teulada. Questa iniziativa, mantenuta anche nei decenni successivi, doveva portare i suoi frutti nel corso del secolo: infatti nei quattro successivi censimenti del 1652, del 1678, del 1688 e 1698 sono registrati rispettivamente 15, 39 87 e ancora 87 fuochi fiscali.

Il feudo fu ereditato dal figlio di Salvatore, di nome Agostino, che fu marito di Margherita Catalan (capitoli matrimoniali del 30 settembre 1645). La coppia aveva avuto due figli, Salvatore e Agostino, presumibilmente morti infanti insieme ai genitori durante la peste del 1656, perché alla morte di Agostino Sanna Porta il feudo fu devoluto al Regio Fisco e venduto all’incanto. Lo acquistò Antonio Catalan, di facoltosa famiglia mercantile di origini provenzali, che era nipote ex fratre di Margherita, la moglie di Agostino Sanna Porta, per la somma di Lire sarde 26.250. Antonio ebbe il feudo elevato in baronia, il 7 luglio 1668, e fu creato Cavaliere, Nobile e Don dal Viceré Emanuele de los Cobos, Marchese di Camarassa, il 15 maggio 1670. Egli si adoperò, novello Pietro Porta, per il benessere del feudo e dei suoi abitanti. Alla sua morte, come previsto da un atto di donazione, subentrava nel possesso della baronia il figlio, Don Serafino Catalan, il 27 febbraio 1696. Ben poco si conosce dell’attività del nuovo barone, sposato tre volte e morto il 16 luglio 1719, dopo aver testato il 17 gennaio dello stesso anno e aver aggiunto un codicillo due giorni prima di morire. Non ebbe discendenza duratura dalle prime due mogli, Maddalena Cutis e Paola Maria Dedoni, e invece numerosa prole dalla terza, Donna Maria Antonia Asquer.

In particolare fu terzo barone di Teulada il figlio Antonio Giovanni, che ottenne l’investitura nel 1722 in persona della madre, tutrice e curatrice testamentaria. Egli morí celibe il 13 luglio 1736 dopo aver testato sei giorni prima, in favore della sorella, Donna Maria Grazia, sposata con Don Giovanni Battista Sanjust Cutis dei conti di San Lorenzo. Il regio Fisco intervenne però considerando il feudo devoluto. Intervenne a questo punto il Sovrano, Carlo Emanuele III, che avendo riguardo per la fedeltà sempre mostrata alla Corona dalla famiglia Catalan, e avendo gradito il donativo di mille scudi offerti dalla baronessa, statuiva con atto ufficiale del 5 luglio 1737 che la baronia di Teulada, col mero e misto imperio, salti, territori, redditi e pertinenze di qualunque sorta, spettasse alla suddetta Donna Maria Grazia e ai suoi discendenti di entrambi i sessi in infinito, e con facoltà di disporne tra vivi anche in favore di persone di sesso maschile estranee alla famiglia, purché suddite e gradite al Sovrano. In conseguenza dell’Atto Sovrano, Donna Maria Grazia riceveva formale investitura il 7 agosto dello stesso anno.
Il successore di Donna Maria Grazia, suo figlio Don Francesco Sanjust Catalan, moriva prima di aver preso l’investitura, pur intitolandosi barone di Teulada, come si legge nel suo testamento dell’11 marzo 1802, dove è nominata la sua seconda moglie, Donna Genoveffa Chabod dei marchesi di St. Maurice tutrice e curatrice dei figli, e suo erede universale il primogenito Don Enrico Sanjust Chabod, barone di Teulada. In detto testamento è anche specificata la devota attenzione del barone per la chiesa parrocchiale del suo feudo: “... Parimenti incarico detto mio erede universale, che in tutti gli anni debba somministrare alla chiesa parrocchiale della chiesa di Teulada vent’una candela di quattro in libra nel giorno della Madonna, che suol celebrarsi nel giorno venticinque di marzo, con pagare la solita limosina ai sacerdoti di detta parrocchia, tanto per la celebrazione di detta messa cantata solenne ossia di terno, come per la processione, e che il residuo della cera si metta ogni anno in fondo sino a formare il capitale, che sarà necessario per l’eseguimento del presente legato, tale come ero io solito farlo invertendoci in luogo tuto e sicuro.
Dichiaro che nel caso di soppressione di detto convento dei mercenari, o per non potersi celebrar detta festa del suddetto convento, debba cessare detta somministrazione.” Don Francesco era pure signore dei salti di Murdeu e di Gutturu de Seisas, nonché di Casaforte, tutti in agro di Teulada, e del villaggio di Su Benatzu, in agro di Santadi ma pertinente al territorio di Teulada, fondato a suo tempo da don Antonio Catalan, primo barone di Teulada.
Della prima moglie di Don Francesco Sanjust Catalan, ossia Donna Marianna Nin Cervellon dei marchesi di San Tommaso, da cui non risultano nati figli, rimane un pregevole calice in argento, decorato con gli stemmi Sanjust e Nin, oggi di proprietà della Parrocchiale di Teulada. Don Francesco era un uomo attivo ed energico, attento al benessere del suo feudo, nel quale impiantò una salina, e fece costruire un ponte sul rio Launaxi per unire i due quartieri di Teulada.
Fu successore di Don Francesco il suo primogenito Don Enrico, che nel 1811 fu energicamente invitato dal Regio fisco a prender l’investitura del suo feudo. Successe a costui il figlio primogenito Don Carlo Sanjust Amat, ultimo titolare del feudo, a cui venne riscattato in Torino il 5.6.1839 per Lire sarde 112.000 pari a lire nuove 215.040. Da Allora il titolo di Barone di Teulada è rimasto in casa Sanjust, e spetta di diritto a tutti i Sanjust l’uso del segnacaso “dei baroni di Teulada” in quanto discendenti di Don Enrico Sanjust Chabod, barone di Teulada. In particolare, fu barone di Teulada dopo Don Carlo, il suo primogenito Don Enrico Sanjust Ripoll, che univa al titolo della famiglia anche i marchesati di Neoneli e di San Sperate, e la contea di Tuili.

Don Enrico, uomo politico e coltissimo studioso di storia sarda, morí celibe il 27 maggio del 1910, col che i titoli passavano al fratello Luigi. Alla morte di costui, avvenuta il 18 novembre del 1915, insorse lite tra la figlia Mariangela Sanjust Aymerich, sposata Sanjust, che reclamava la successione, e il fratello di Luigi, Giuseppe, che parimenti vi si credeva chiamato. L’annosa lite si concludeva nel 1930 (Giuseppe era morto il 7 ottobre del 1923, lasciando erede il figlio Carlo Dalmazio) con una sentenza definitiva che assegnava tutti i titoli a Don Carlo Dalmazio e respingeva le richieste di Donna Mariangela Sanjust. Curiosamente, il solo titolo di barone di Teulada risultava non assegnato (al contrario di quello di signore di Casaforte e dei Salti di Murdeu, annessi alla baronia di Teulada ma regolarmente pervenuti a Don Carlo Dalmazio). In definitiva, Don Luigi Sanjust Ripoll risulta l’ultimo barone di Teulada regolarmente riconosciuto (Elenco ufficiale nobiliare italiano del 1922).