Albero genealogico della famiglia Martinez
di Enrico Tola Grixoni
I Martinez di Montemuros
La linea dei Martinez di Montemuros, facente parte
della più ampia famiglia Martinez sarda, deriva dal Dr. Don Giovanni
Antonio Martinez Casatgia il quale, già ammesso come Cavaliere alle Cortes
del 1614, nel 1631 ottenne il Diploma di Nobiltà Sarda.
Il figlio primogenito di questi, il Dr.Don Francesco Martinez Pilo, con atto
del 20.6.1651, acquistò la villa di Muros con territorio circostante
da Don Giovanni Guiò Manca Virde Barone di Ossi, al momento in precarie
condizioni finanziarie.
A seguito dell’acquisto il Martinez si intitolò Signore (e rarissimamente
Barone) di Muros. Il Procuratore del Regio Fisco Patrimoniale, Don Jacopo Artaldo
di Castelvì, Marchese di Cea, con preciso decreto inibì al Martinez
l’uso del titolo feudale sulla Villa di Muros adducendo la circostanza
che il titolo feudale spettava esclusivamente al Barone di Ossi, feudo del quale
Muros era parte integrante e necessaria.
Ergo, Muros come acquisto a se stante rimaneva valido, ma doveva essere considerato
alla stregua di un bene meramente allodiale, cioè privato.
Il decreto inibitorio non ebbe applicazione pratica: di fatto il Martinez, sinchè
visse, si chiamò e fu chiamato Signore di Muros anche nella bella lapide
sepolcrale di sua moglie (antiportico della chiesa di San Pietro di Silki a
Sassari).
Don Francesco non ebbe discendenti: il figlio naturale, poi legittimato da Regio
Rescritto, si fece sacerdote; l’unica figlia legittima gli premorì
nubile a 17 anni.
Suo erede fu dunque il fratello Don Matteo che pure si intitolò (non
in atti pubblici) Signore di Muros. Questi, dalle due mogli, ebbe diversi figli:
il primogenito Don Gavino morì otto mesi dopo il padre lasciando due
maschi infanti. Tutori dei due bimbi, oltre la madre, furono due fratelli del
padre: il Canonico Don Giovanni Antonio e Don Francesco Giuseppe il quale ultimo,
per maggior difesa degli interessi del nipote-pupillo Don Matteo Martinez Asquer,
assunse il titolo di Signore di Muros.
Nel 1690, però, il Barone di Ossi Don Giovanni Guiò Cueto, allegando
delle irregolarità formali esistenti nella precedente vendita di Muros,
con atto del 24.4. 1690 ottenne l’investitura anche di questa villa e,
mediante il pagamento di modica cifra, la retrocessione materiale a suo favore
della villa di Muros e territorio circostante.
Donna Teresa Guiò Esgrecho fu l’erede del predetto Barone di Ossi;
questa sposò il Barone di Sorso Don Pietro Amat Vico nel 1731; l’anno
successivo, nato il figlio Don Ignazio Emanuele Amat Guiò, Donna Teresa
nella sua qualità di Baronessa effettiva di Ossi, “dovendo spendere
per migliorare le terre di Romangia”, ottenne dal Sovrano di poter scorporare
nuovamente la villa di Muros e suo territorio costituendola in vero e proprio
feudo distinto dalla Baronia di Ossi.
Tale nuovo feudo venne così riacquistato (invero “con modico esborso
di pecunia”) da Don Matteo Martinez Asquer che ottenne anche il titolo
di Barone (il titolo e feudo di Ossi rimase a Don Ignazio Emanuele Amat Guiò
il quale morì a vent’anni nel 1752 senza successione diretta per
cui Ossi venne devoluto al Regio Fisco e poco dopo acquistato dal Duca dell’Asinara)
con la sanatoria della concessione dello stesso titolo a lui fatta dalle Cortes
nel 1698.
Occorre a questo punto un chiarimento. Nonostante la retrocessione di Muros
a Don Giovanni Guyò Cueto, la stessa villa e territorio rimasero formalmente
nel possesso dei Martinez per cui Don Matteo Martinez Asquer dalle Cortes del
1698 ebbe il riconoscimento e la concessione del titolo di Barone di Muros e
con tale titolo è indicato nell’elenco dei convocati e partecipanti
a quelle Cortes.
Essendo però mutata la dinastia regnante in Sardegna, come in diversi
altri casi, il Regio Fisco Sabaudo non riconobbe per valido il titolo portato
dal Martinez perché non proveniente da Regio Diploma, ma da un organismo
non abilitato a conceder titoli e comunque non più attivo. Fu dunque
necessario riformalizzare la compravendita di Muros e ricostituire la villa
in feudo autonomo perché il Martinez potesse legittimamente fregiarsi
del titolo baronale a far data dal 1698.
Il figlio di Don Matteo, Don Pietro Martinez Farina, succedette regolarmente
al padre e nel titolo e nel feudo; anzi, acquistò dalla Comunità
di Muros tutta quella fertile zona delle colline circostanti ingrandendo notevolmente
l’originario feudo e, trasmessolo al Regio Fisco per l’infeudazione,
nel 1766 ottenne l’elevazione del titolo di Barone a quello di Marchese
con la nuova denominazione di Montemuros, nome comprensivo dei nuovi territori
collinari acquisiti.
Tutte le precedenti transazioni, le liti con il Regio Fisco e i nuovi acquisti
però avevano dato un duro colpo alle finanze di casa Martinez. Contribuirono
negativamente, inoltre, doti e appannaggi concessi dal primo Marchese ai suoi
molti figli e lo strano testamento fatto da Don Antonio Ignazio Martinez Paliacho,
secondo Marchese, il quale non ebbe figli e, a parte alcuni modesti legati a
favore dei nipoti, di cui l’unico un po’ vistoso a favore del nipote
primogenito erede del titolo lasciò il grosso del patrimonio alla moglie
Donna Luigia Ledà Manca che morì otto anni dopo il marito e, a
sua volta, nominò eredi i parenti Ledà e legò diverse somme
a pii istituti e conventi; anch’essa però lasciò un legato,
invero modesto, al nipote, terzo Marchese Don Pietro Martinez de Quesada.
Questo Don Pietro cercò di rimpinguare le quasi esauste casse familiari
con due successivi matrimoni che, in effetti, non gli portarono grandi ricchezze
ma soltanto la possibilità di vivere, e far vivere i suoi dodici figli
in maniera quantomeno dignitosa. E’ peraltro vero che alcuni di questi
figli contrassero buoni matrimoni.
Vuoi, però, per tutta una serie di coincidenze, vuoi perché i
resti del patrimonio non furono oculatamente amministrati, a Don Pietro Martinez
Cugia, settimo ed ultimo Marchese di Montemuros, non pervenne quasi nulla: la
vecchia casa familiare, sita in Via del Duomo, pressoché cadente, ed
un piccolo uliveto nei pressi di Sassari.
Ottenne dal Comune di Sassari la carica di Capitano dei Barracelli comunali
che mantenne fino alla morte avvenuta nel 1928. Nel 1914, a 58 anni, aveva sposato
Luisa Angela Rosa Volpi Arcamone.
Da queste nozze non nacquero figli e così si estinse la linea dei Martinez,
Baroni, poi Marchesi di Montemuros.
I Martinez Aragonez
Questa linea della casa Martinez destò in
passato, in alcuni studiosi di genealogistica, non poche perplessità:
si ritenne addirittura che fosse una famiglia del tutto diversa da quella dei
Marchesi di Montemuros. Alcuni sostennero che questi Martinez appartenessero
alla famiglia borghese, di celebri notai, dei Martinez Roca, fiorita a Sassari
contemporaneamente ai Martinez nobili.
Strumenti ecclesiastici inoppugnabili e altri privati di comprovata autenticità
dimostrano, senza ombra di dubbio, come anche i Martinez Aragonez discendano
da Don Giovanni Antonio Martinez Casatgia, stipite comune anche ai Marchesi
di Montemuros. Le cronache familiari provano poi come tutto l’equivoco
sia sorto da delle inimicizie tra i due rami della famiglia.
Come si può evincere dalle tavole genealogiche, la linea di Don Francesco
Martinez Casatgia si estinse agli albori del XVIII secolo; quella del fratello
minore, Don Giovanni Antonio Martinez Casatgia ad un certo punto si divise per
via dei due fratelli Martinez Asquer: da Don Matteo la linea di Montemuros,
da Don Giuseppe Francesco la linea di cui trattasi.
Questo secondogenito Martinez Asquer nel 1737 sposò Donna Teresa de Sotgia
Santus; l’ultimo dei suoi figli, Don Luigi, fu militare di carriera; nel
1755 sposò Donna Anna Maria Aragonez Quasina (donde il doppio cognome)
e nel 1793 morì in combattimento sull’Authion lasciando figli assai
piccoli di età. L’unico di tali figli sopravvissuto, Don Giovanni
Battista, aveva quattro anni alla morte del padre e soltanto sedici alla morte
dello zio Giovanni Gavino.
Egli, divenuto maggiorenne, cominciò a dirsi Martinez di Montemuros;
l’uso di tale predicato (non era ancora invalso l’uso del predicato
di “Nobile dei…” per cui anche altre linee cadette di famiglie
feudali usarono sempre il doppio cognome- paterno e materno- piuttosto che il
predicato del titolo feudale) evidentemente infastidì il suo secondo
cugino Don Pietro Martinez de Quesada, poi Marchese di Montemuros, il quale
in maniera piuttosto antipatica lo diffidò dall’usare il predicato
feudale. Don Giovanni Battista, certamente offeso dall’atteggiamento del
parente, fece resistenza ma, dopo una seconda formale diffida, si arrese e da
allora cominciò a chiamarsi Martinez Aragonez e tale doppio cognome distinse
tutti i suoi discendenti fino all’ultimo.
A seguito del rumore suscitato dalle diffide e dalle difese formulate dall’uno
e dall’altro Martinez, si mosse il Regio Fisco Sabaudo che, accogliendo
le diffide del Montemuros, invitò perentoriamente il Martinez Aragonez
a provare il suo diritto, non al predicato di cui nemmeno si parlò, ma
ai titoli nobiliari di cui si fregiava.
Una divagazione: Che al Martinez Aragonez non spettasse il predicato feudale
era pacifico: i Martinez, infatti, sino al padre dei fratelli Martinez Asquer,
non avevano avuto riconoscimento giuridicamente valido del titolo di Muros;
questo diritto, come si è visto, venne riconosciuto esclusivamente a
Don Matteo Martinez Asquer ed ai suoi discendenti, non anche ai suoi antecessori
e quindi non anche ai suoi collaterali; il predicato feudale pertanto non poteva
competere ai discendenti di Don Giuseppe Francesco Martinez Asquer.
La richiesta del Regio Fisco pose in difficoltà il Martinez Aragonez
il quale, anche per l’inimicizia sorta con il ramo marchionale, non fu
in grado di esibire copia della Regia Patente di Nobiltà del 1631 posseduta
appunta dai Montemuros che o non gliela fornirono o egli non la richiese loro
forse per orgoglio, e meno ancora poté provare la concessione del Cavalierato
la cui patente originale poteva eventualmente trovarsi in un qualche Archivio
di Spagna.
Il povero Don Giovanni Battista, presumibilmente ignaro di diritto nobiliare
e araldico, e comunque per una serie di circostante sfavorevoli e forse anche
pressato dai “termini” impostigli per l’esibizione dei documenti
probatori, se pur poté agevolmente dimostrare l’allaccio genealogico
con Don Giuseppe Francesco Martinez Asquer non poté però dimostrare,
con altrettanta facilità, la nobiltà di questo antenato non riuscendo
ad allacciarlo a Don Giovanni Antonio Martinez Casatgia titolare del Privilegio
del 1631 (il fratello maggiore di Don Giuseppe Francesco, Don Matteo, era nato
a Cagliari e fu forse questo il “buco” genealogico che il Martinez
Aragonez non riuscì a colmare: cioè non provò che i due
Martinez Asquer fossero fratelli germani che non solo il primogenito fosse stato
creato nobile).
Al Martinez Aragonez, stante la produzione di numerosi documenti nei quali suo
nonno, suo padre ed egli stesso venivano chiamati Nobili e Don, venne riconosciuta
la “quasi possessio nobilitatis”, cioè una presunzione di
nobiltà detta anche, impropriamente, “nobiltà di fatto”
e, conseguentemente, venne invitato a richiedere nuove patenti al fine di non
incorrere nelle sanzioni previste per l’uso abusivo di titoli nobiliari.
Don Giovanni Battista si rassegnò e col pagamento della sola “mezza
finanza” ottenne le nuove Patenti di Cavalierato e Nobiltà nel
1825 che, fatto assai strano dati i precedenti, gli confermarono l’arma
avita dei Martinez. Un’altra delle tante strane cose commesse dal Regio
Fisco Sabaudo in materia nobiliare e feudale!
L’ultimo dei Martinez Aragonez fu Don Antonio Martinez Alivesi che morì
qualche tempo prima del parente ultimo dei Montemuros, ma in ben altre condizioni.
Don Antonio fu persona doviziosissima e nonostante fosse generalmente ritenuto
oculato, piuttosto pomposo, di modesta cultura, in diverse occasioni, nonostante
la vecchia animosità mai del tutto sopita, sovvenne economicamente il
parente Marchese.
Don Antonio lasciò tutti i suoi beni alla moglie, Donna Antonina Garau
Grondona, che gli sopravvisse a lungo, disponendo che dopo la di lei morte si
provvedesse a fondare in Sassari un ricovero per i ciechi.
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