Albero genealogico della famiglia Lepori

Famiglia originaria di Sassari che si trasferì a Cagliari nella seconda metà del sec. XVIII con un Tommaso, giudice della Reale Udienza. Ottenne i privilegi di cavalierato e nobiltà nel 1793 e morì l’anno successivo. Aveva sposato Maddalena Novaro, la cui famiglia otterrà gli stessi privilegi nel 1838 e nel 1842.
Ebbe cinque figli, di cui due femmine che si fecero monache, di cui si ignora il nome, e tre maschi: Gavino e Giuseppe erano sacerdoti, mentre Raimondo divenne avvocato e percorse una lunga carriera nella magistratura.
La famiglia possedeva un palazzo nel Castello di Cagliari, lungo la via Lamarmora e alcuni beni a Pirri. Figura assai nota e importante ai suoi tempi, l’avvocato Don Raimondo Lepori ebbe una lunga e proficua carriera. Dopo essersi laureato in legge, ebbe l’incarico di archivista dell’azienda ex-gesuitica, incorporata al demanio; durante la cosiddetta rivoluzione sarda di fine ‘700 fu uno dei più attivi deputati dello Stamento Militare: nel 1793, quando le armate repubblicane francesi tentarono d’invadere l’Isola, ebbe il comando di un corpo di 2400 miliziani a cavallo, per il cui servigio ebbe dal re Carlo Emanuele IV, nel luglio del 1799, la croce dei SS. Maurizio e Lazzaro e fu proposto per segretario d’Ambasciata. Nel 1800 fu nominato segretario privato del viceré Carlo Felice, col titolo e grado di giudice della Reale Udienza. Nel 1807, coll’istituzione dei Tribunali di Prefettura, fu nominato primo prefetto della città e provincia di Cagliari, reggendo questo tribunale per più di trent’anni, fino al collocamento a riposo.

Vogliamo ricordarlo citando le parole di Efisio Baccaredda in Cagliari ai miei tempi in questo grazioso ritratto: « Ancor mi rammento delle solennità civili e religiose, nelle quali la nobiltà cagliaritana faceva bella mostra di sé, rifulgendo del suo maggior splendore. Mi par proprio di trovarmi a quei tempi e di vedere ancora Don Raimondo Lepori, Don Antioco Pullo e Don Giovanni Puggioni, vestiti in giubbe di raso o di velluto ricamate in oro, così che mi sembravano tre torroni di Cremona, assistere ginocchione nella scalinata che sovrasta alla cripta del duomo di Cagliari, attendere gongolanti il momento critico del lavabo, per adempiere all’onorifico ufficio, chi di sorreggere il bacile, chi di adoperare il mesciacqua, chi di porgere l’asciugamani all’arcivescovo celebrante. Era uno spettacolo che inteneriva lo scorgere quei tre cavalieri boriosi e aggrondati, umiliarsi dinanzi a un uomo, fatto di carne e d’ossa come loro, puntuali e imprescindibili ogni giovedì santo presso l’altare maggiore de sa seu ».

La famiglia usava il seguente stemma, descritto e impresso nel sigillo del testamento del sacerdote Don Gavino Lepori, consegnato il 20 aprile 1816 al notaio Sebastiano Dessì Valeri: “uno scudo ovale, allo scaglione accompagnato in alto da tre frecce poste a ventaglio, con le punte rivolte in basso; nella parte inferiore una lepre passante sulla pianura erbosa. Lo scudo è sormontato da un elmo piumato e pennacchiato.

Bibliografia e fonti archivistiche:
Acta Curiarum Regni Sardiniae, L'attività degli Stamenti nella “Sarda Rivoluzione” / a cura di Luciano Carta
(4 v.), Vol. 24/2, pag. 1429.
Carlino Sole, Le “Carte Lavagna” e l'esilio di Casa Savoia in Sardegna, Milano, Giuffrè, 1970, passim.
Atti del Parlamento subalpino (sessione del 1851) Firenze, Tipografia Eredi Botta, 1865, pagg. 248-249.
Emilio Bonfis (Efisio Baccaredda), Cagliari ai miei tempi, Roma, 1884, pagg. 136-137.
A.S.CA., Reale Udienza, pand. 60, busta 12, fasc. 3, c. 314v.
A.S.CA., Atti di ultima volontà anteriori all’1/1/1890, vol. 4.

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