DIZIONARIO DELLE CARICHE

 

ALCAIDE: In periodo iberico e sabaudo del Regno di Sardegna, l’alcaìde, sinonimo di castellano, era il capo guardiano di un castello, di una fortezza, di una torre costiera, responsabile della sua difesa insieme agli uomini che comandava.
Il suo operato era disciplinato da una serie di norme severissime, soprattutto da quando, nel 1587, la politica della Corona di Spagna si era fatta da offensiva in difensiva, favorendo la costruzione di tutta una serie di torri litoranee contro i pirati maghrebini o i corsari barbareschi assoldati dal Regno di Francia e dell’Impero turco.
L’alcaìde era di nomina regia/viceregia. Godeva di premi speciali in caso di successi, di certe esenzioni e del privilegio del Foro (era soggetto, per i reati inerenti il suo ufficio, alla Capitania Generale). Come suo precipuo compito doveva opporsi in ogni modo all’attacco di bastimenti nemici, impedire il contrabbando, catturare i forzati evasi, proteggere le navi amiche.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

ALCALDE: In periodo iberico del Regno di Sardegna era un giudice o delegato di giustizia.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

AVVOCATO FISCALE PATRIMONIALE: Alto ufficiale regio che nel Regno di Sardegna era preposto alla tutela dei diritti patrimoniali dello Stato intervenendo con voto decisivo in tutte le cause patrimoniali che si svolgevano nella Reale Udienza, nella Procurazione Reale  e negli altri tribunali regi. Vegliava sull’abuso dei titoli nobiliari e di cavalierato; procurava a mezzo del procuratore fiscale patrimoniale la spedizione di tutte le cause che interessassero il Real Patrimonio. Come tale, faceva parte del Tribunale del Real Patrimonio presieduto in periodo iberico dal procuratore reale e in periodo sabaudo dall’intendente generale che nelle cause di competenza decideva col suo voto consultivo. Faceva inoltre parte della Giunta Patrimoniale composta, oltre che da lui, dal procuratore reale, dal maestro razionale e dal reggente la Regia Cancelleria. La cause che lo riguardavano erano di cognizione della Reale Udienza.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

AVVOCATO FISCALE REGIO: Alto ufficiale regio che nel Regno di Sardegna vigilava, in generale, sugli interessi della reale giurisdizione e tutelava la conservazione delle regalìe sovrane, rappresentando lo Stato in caso di turbativa. Vegliava sulla condotta dei regi ministri di giustizia e dei tribunali subalterni; dava il suo assenso per le liti ai Comuni del Capo di Cagliari-Gallura. Doveva promuovere il più sollecito corso della giustizia con tutti i mezzi: pronta spedizione delle cause, pronto arresto dei delinquenti, pronto raggiungimento delle prove dei reati. Nei delitti gravi ed atroci, meritevoli di immediato castigo, faceva le opportune rappresentanze al viceré. In materia di rapporti fra autorità ecclesiastica e secolare, curava l’osservanza dell’apostolica e reale concordia. Curava che ogni provvisione, patente o commissione proveniente da fuori il Regno (solita passare all’exequatur), non si mettesse ad esecuzione prima che fosse stata presentata alla Reale Udienza. Faceva parte del Consiglio di Giustizia unitamente al Reggente la Real Cancelleria quando fu istituita questa carica. Poi, intervenne nella Reale Udienza anche per gli affari di governo quando questa fu introdotta nel Regno da Filippo I (II di Spagna) nel 1564. Aveva voto decisivo nelle cause criminali trattate nei tribunali del Regio Consiglio, della Reale Governazione e del Veghiere. In ogni città o villaggio del Regno, ove esisteva un tribunale, doveva esserci un sostituto procuratore fiscale regio con patente di notaio; nelle curie baronali doveva esserci un procuratore oppure un sostituto procuratore fiscale.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

CAPITANO DELLE TORRI: Ufficiale del Regno di Sardegna. Era al di sopra dell’Alcalde. Aveva autorità sia per il Capo di Sotto che per il Capo di Sopra. Questo Capitano, che veniva nominato direttamente dal Viceré, aveva il compito di visitare le torri antibarbaresche dei litorali sardi una volta l’anno.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

MAESTRO RAZIONALE: Importantissimo funzionario regio della Corona d’Aragona alla quale il Regno di Sardegna era aggregato. Oggi si chiamerebbe “Ragioniere Revisore dei Conti”. Le sue incombenze sono elencate nelle Leggi Palatine di Pietro I di Sardegna, detto il Cerimonioso, del 1344 (...). L’istituto del Maestro Razionale nel Regno di Sardegna subì alterne vicende. Più volte introdotto e poi abolito, venne creato per cercare di sanare la preoccupante questione delle finanze e per effettuare in loco controlli capillari dei funzionari regi a cui venivano, a ragione, attribuiti continui abusi. Il Maestro Razionale dirigeva la contabilità, ed il tesoriere generale custodiva le rendite. Tanto il Maestro Razionale che i suoi luogotenenti e ministri, con mogli, figli e famigli, appartenevano al solo foro e giurisdizione del Re sia per quanto riguardava il Civile che il Penale, e non erano soggetti al Viceré.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

MOSTAZZAFFO: In periodo iberico del Regno di Sardegna era il funzionario che nelle città regie ed in qualche villaggio soprintendeva ai viveri e ai prezzi nel pubblico mercato, imponeva calmieri sui generi di prima necessità, vigilava sui pesi e sulle misure, sulla qualità delle merci, sull’edilizia. Determinava i luoghi di vendita dei commestibili, emanava bandi sul commercio delle derrate, imponeva penalità ai contravventori. L’ambìto ufficio di Mostazzaffo era conferito di regola al capo giurato o al presidente del Magistrato Civico, dopo usciti di carica.
Dal 31 dicembre 1809 il Mostazzaffo e i suoi dipendenti furono posti sotto l’ispettore dell’annona. La carica fu abolita con l’editto regio del 12 agosto 1836 che sanciva la riforma dei consigli civici.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

PODATARIO: Nel Regno di Sardegna era per delega o procura l’amministratore del feudo per conto del titolare lontano che abitava in città oppure fuori dall’isola. Come luogotenente rappresentava per delega il feudatario nelle Corti o Parlamenti statali. Come amministratore contabile era incaricato dal feudatario della riscossione dei tributi e delle rendite, dell’esazione dei canoni di affitto dei terreni feudali, ecc.; a questo si aggiunse, in epoca sabauda, quello di amministratore della giustizia, funzione che era stata svolta, sino ad allora, da sostituti del feudatario, detti regidores esercitanti nella “villa” più importante del feudo capoluogo dell’incontrada, alla quale faceva capo tutto l’apparato burocratico e giudiziario del feudo, e dove era solita riunirsi la curia baronale. Però la funzione giudiziaria non era esercitata direttamente dal podatario ma da oficials di giustizia, detti “maggiori di giustizia” scelti da lui, in assenza del signore, all’interno di una terna presentata dagli abitanti di ogni “villa” infeudata.
Con l’accorpamento delle funzioni del podatario (contabili – amministrative) e del regidor (amministratore di giustizia) le cariche divennero sinonimo di una stessa figura, in genere un cavaliere, meglio se dottore in Diritto. La carica di podatario  o di regidor era ambita perché ben retribuita, tanto che era spesso ricoperta da rappresentanti della piccola e media nobiltà, dal patriziato urbano e dal ceto togato.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

PROCURATORE FISCALE: Fu, fin dall’inizio (1324), un alto magistrato del Regno di Sardegna. Svolgeva le funzioni che oggi competono in campo penale al procuratore della Repubblica e, in campo civile, al giudice istruttore, con il limite, però, che gli era proibito partecipare al dibattimento, né poteva assistere alla confessione del reo e neppure poteva procedere all’interrogatorio di testimoni. Aveva perciò il potere – dovere di istruire le cause penali che si dibattevano avanti il vicario e il baiulo, di formulare al termine dell’istruttoria il capo di imputazione, di produrre ed indicare testi a favore dell’accusa che poteva sentire anche fuori dall’isola.
Rappresentava, inoltre, gli interessi del Fisco in giudizio, e svolgeva il ruolo di pubblica accusa, con le limitazioni già dette. Nominato dal re, era stipendiato direttamente dal vicario.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

RICEVITORE DEL RISERVATO: Nel Regno di Sardegna era così chiamato il tesoriere di una cassa speciale, i cui denari, provenienti da certe determinate imposte, non potevano essere impiegati senza espresso ordine del re, al quale erano, appunto, riservati. In sostanza, aveva la funzione di percepire ed amministrare le rendite e i diritti di cui il sovrano disponeva a titolo feudale: i cosiddetti beni e diritti di realenco. Fu istituito da Ferdinando il Cattolico il 21 agosto 1497, e terminò con Filippo I (II della Corona di Spagna) il 13 agosto 1560 quando questo ufficio, e quello del ricevitore del marchesato di Oristano e contado del Goceano, furono riuniti nella figura del “reggente la Tesoreria generale del Regno”.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

SIGNORE DELLA TAPPA DI INSINUAZIONE: Gli Uffici di Insinuazione, detti anche Tappe di Insinuazione, vennero istituiti in tutte le città e comuni del Regno di Sardegna in periodo sabaudo con editto regio del 15 maggio 1738, ed erano venduti o dati in appalto a terzi per la gestione. Con editto regio del 29 gennaio 1839 vennero riportati al demanio. Oggi sono chiamati Uffici di Registro.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

SIGNORE DELLE SCRIVANIE: Si chiamavano così le Segreterie dei Tribunali e delle altre amministrazioni. Tali Scrivanie, coi relativi diritti ed emolumenti, venivano date in appalto oppure si vendevano o si concedevano in compenso di servigi prestati. La stessa Scrivania della Luogotenenza Generale, la quale comprendeva non solo le due sezioni, civile e criminale della Reale Udienza e della Reale Cancelleria, ma anche il sigillo dell’una e dell’altra, era da secoli ereditaria di una famiglia di Cagliari. La Scrivania della Luogotenenza Generale venne unita al patrimonio dello Stato nel 1771, previo adeguato indennizzo al detentore. Le altre Scrivanie furono ugualmente riscattate poco per volta, fino all’ultima nel 1836.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore

VEGHIERE (veguer): In italiano è meglio detto “vicario”. Nel Regno di Sardegna l’ufficio di Veghiere fu istituito nel 1326 dal Re Giacomo I (II della Corona d’Aragona), tramite il suo luogotenente generale, infante Alfonso, per la “villa” di Bonaria, prima capitale dello Stato, poi esteso anche alle altre città e “ville” non infeudate. Era un vero e proprio ojo del Rey nelle amministrazioni cittadine, essendo a capo del Magistrato civico. Assumeva aspetti e caratteristiche diversi secondo il luogo dove esercitava.
Quello di Castel di Cagliari, introdotto col Ceterum del 25.8.1327, sostituiva il governatore generale del Regno durante le sue assenze dall’isola regnicola e, con ciò, rafforzava il valore della sua funzione istituzionale che era quella di amministrare la giustizia di prima e di seconda istanza nei riguardi dei comuni abitanti di Bonaria e, poi, di Castel di Cagliari (con le appendici di Stampace e di Villanova) in materia civile e penale. Contro le sue sentenze civili era ammesso il ricorso al governatore generale. A partire dal 1331 la sua competenza territoriale fu estesa anche ai territori circostanti la città, sostituendo il foro baronale nelle “ville” infeudate quando si trattava di reati più gravi.
In campo penale poteva giudicare qualsiasi reato, ad eccezione dei delitti o delle cause dove fossero coinvolte persone di alto rango; mentre, in campo civile, pur avendo teoricamente mano libera, doveva dividere le sue attribuzioni con il bailo. A queste competenze di natura giudiziaria, il veghiere cagliaritano affiancava poteri di natura politica, militare e amministrativa perché, oltre a sostituire il luogotenente regio nelle assenze, comandava l’esercito fuori dalle mura cittadine.
A Sassari, in virtù del privilegio del 7 maggio 1323, col quale Giacomo I di Sardegna (II della Corona d’Aragona), ancora prima della conquista, s’era impegnato a mantenere gli ordinamenti della città, il veghiere era chiamato potestà e la sua carica era la risultante della vecchia magistratura indigena comunale più quella di nuovo stampo barcellonese; per cui, da supremo organo di governo, giudiziario e militare autonomo, il podestà sassarese era diventato un ufficiale regio con competenze particolari, gerarchicamente dipendente dal governatore generale e responsabile verso la Corte.
Il 17 luglio 1331 il suo ufficio venne abolito e sostituito con quello, appunto, del veghiere o vicario. Il podestà fu ripristinato in periodo arborense, dal 1369 circa in poi, e, malgrado gli avvenimenti bellici e i cambi di governo a Sassari durante il conflitto sardo – catalano, si può dire che la Podestarìa rimase pressoché in vigore nella città logudorese (forse escluso il decennio in cui fu capitale giudicale con Guglielmo di Narbona – Bas) anche dopo la riconquista iberica, dal 1420 al 1571.
Pure a Villa di Chiesa il veghiere o vicario era detto podestà, capitano o rettore. Il veghiere o vicario o podestà (o capitano o rettore) era nominato direttamente dal re, e percepiva uno stipendio che egli stesso prelevava direttamente dagli introiti dell’ufficio. A Sassari, nello stipendio era compresa la quota che percepiva come incaricato del castello. Questo ufficiale era comunque tenuto a sindacatura, cioè a render conto del suo operato all’amministratore generale.
Le attività di vicariato o podestarìa venivano da lui esercitate in prima persona o venivano concertate con il baiuolo e/o con i consiglieri della città, ai quali fu sempre più legato col passare del tempo.
Fonte: Dizionario Storico Sardo, F.C. Casula, Carlo Delfino Editore