Breve storia del Regno di Sardegna dalla federazione del Regno di Sardegna col Regno d'Aragona del 1297 alla sua scomparsa col Regno d'Italia nel 1861

di Gianfelice Pilo

Nel 1297 Bonifacio VIII concesse al Re d'Aragona il Regno di Sardegna, diviso fino ad allora in quattro giudicati: Torres, Gallura, Cagliari ed Arborea, sotto l'egemonia genovese, pisana e provenzale, conflittuali fra loro, mentre Sassari, già giudicato di Torres, si era ormai costituita come libero Comune filo-aragonese, come filo-aragonese era il giudicato di Arborea (Pietro Pilo si reca a Barcellona, presso l'Infante Alfonso, nel 1320, quale Ambasciatore del comune di Sassari, come scrive F.C. Casula nel suo "Dizionario Storico-Sardo", pag. 1206, per trattare, nel rispetto degli antichi privilegi, tra cui gli Statuti di Sassari, l'integrazione del Comune col futuro Stato).
Gli aragonesi partiti con la flotta da Port Fangos, nei pressi di Valencia, giunsero in Sardegna dopo circa due giorni di navigazione, il 13/6/1323, approdando nella spiaggia di La Palma de Suler (dovrebbe essere la spiaggia di Palmas Suergiu). Sbarcarono con un contingente di migliaia di uomini, comandati dall'infante Don Alonso d'Aragona, figlio del Re Don Jaume, con truppe, capitani e cavalieri. Fra i principali comandanti dell'Infante facevano parte della spedizione Pere, Ramon e Felipe Boyl. Le truppe Aragonesi si diressero verso Iglesias, difesa dai pisani, che conquistarono dopo aspri combattimenti nei quali perse la vita, combattendo valorosamente sotto le mura assediate di Iglesias, Pere Boyl. Conquistata Iglesias gli aragonesi marciarono su Cagliari che si arrese senza combattere e Ramon Boyl fu il primo ad entrare nel castello di Cagliari per ricevere la resa dal governatore pisano che poco dopo si imbarcò e lasciò l'isola. La Sardegna divenne così Aragonese anche per libera decisione dei suoi abitanti rappresentati dal suo ceto dirigente, fatta eccezione per il Giudicato di Arborea, già filo-aragonese e vassallo della Corona che, qualche anno dopo, per una serie di motivi, si ribellò e la controversia si risolse alla fine del 1388 con la "Pace di Arborea", tra la Giudicessa Eleonora, appartenente all'antica famiglia provenzale De Bas o Di Basso, moglie del genovese Brancaleone Doria, ed il Re d'Aragona alla quale parteciparono anche molti notabili sassaresi tra cui un Gianuario Pilo "apoderado de la ciudad de Sacer para tratar la paz entre el Rey de Aragon y la Reyna Eleonora de Arborea". Il Giudicato di Arborea già vassallo della corona di Aragona, fu poi trasformato in marchesato di Oristano e contea del Goceano, in persona di Leonardo Cubello, divenendo, anni dopo, un suo illustre discendente, Leonardo Alagon, di antica origine Valenciana, marchese di Oristano e conte del Goceano. Leonardo Alagon ebbe una controversia col viceré Aragonese Carroz, che aveva chiesto in sposa per suo figlio una figlia di Leonardo ricevendo un diniego, che il Carroz reputò una offesa. A seguito di una serie di contrasti, di varia natura, l'Alagon venne accusato dal Carroz, forse ingiustamente, di ribellione, non fece atto di sottomissione ed entrò in conflitto armato con gli aragonesi dai quali venne sconfitto nella famosa battaglia di Macomer nel 1478.
La battaglia si svolse nella grande piana sottostante il paese, tra circa 30.000 uomini in campo, fu sanguinosissima, e ad essa parteciparono con gli aragonesi truppe sassaresi al comando del Capitano Angelo Marongio. Nello scontro che si risolse in una carneficina morì combattendo valorosamente Artal de Alagon, figlio di Leonardo, comandante della cavalleria Arborense, che aveva tentato fino all'ultimo di trattare con gli aragonesi e rimandare l'attacco sinché, ubbidendo all'ordine perentorio di suo padre, ordinò la carica che diede inizio alla cruenta battaglia. Dopo alterne vicende l'armata Aragonese prevalse e Don Leonardo che col suo comando, attestato su una collina, aveva seguito l'andamento del conflitto, riuscì a sfuggire alla cattura, ritirandosi verso Bosa, per imbarcarsi su una nave che si trovava in rada. Tradito dal capitano venne catturato col suo seguito e trasferito in Spagna nel castello di Xativa, nei pressi di Valencia, dove visse in semilibertà fino alla sua morte avvenuta nel 1494, mentre alcuni suoi figli ed altri capitani catturati con lui furono liberati qualche tempo dopo. Da quel momento il marchesato di Oristano divenne feudo della Corona ed ancora oggi il Re di Spagna porta, tra gli altri, il titolo di Marchese di Oristano e Conte del Goceano. Artal de Alagon passò, comunque, alla leggenda ed in Sardegna ancora molti secoli dopo la sua scomparsa si cantava una nenia che diceva "…sonan campanas de mortu qui Don Artal es mortu." (Ha pubblicato sulla battaglia di Macomer un interessantissimo libro Mirella Scarpa Senes, dal titolo "La vita e la disfatta del marchese di Oristano", tratto dalla descrizione della battaglia di un cronista del tempo, Giovanni Proto Arca).
Con l'avvento aragonese la Sardegna, come gli altri regni della corona d'Aragona, venne sempre governata da un Viceré, che non era mai esponente della nobiltà locale, per evitare legami parentali ed altro e vennero istituiti e convocati i parlamenti o cortes, a partire dal 1355, Parlamento di Pietro IV d'Aragona, che periodicamente legiferavano sui vari problemi locali, venendo rispettati i vari Statuti, come i condaghi, gli statuti di Sassari del 1316 e la carta De Logu di Eleonora del 1392 I Parlamenti erano costituiti dal braccio ecclesiastico, dal braccio Reale e dal braccio militare o Nobiliare e i partecipanti venivano regolarmente abilitati previa dimostrazione del loro status, (Vedi "Acta Curiarum Regni Sardiniae" relativi a tutti i parlamenti convocati dal 1355 al 1698, ultimo parlamento spagnolo, raccolta pubblicata recentemente a cura del Consiglio Regionale della Sardegna. I sardi, soldati fedelissimi alla Corona, combatterono valorosamente a Lepanto nel 1571, sotto il comando di Don Giovanni d'Austria nella battaglia vittoriosa che salvò l'occidente e la cristianità dalla invasione mussulmana e successivamente agli ordini di grandi capitani come Miguel Perez de Xea, Gonzalo de Bracamonte e Lope de Figueroa, nelle Fiandre ed in Sicilia, con il "Tercìo de Cerdena", formato da sardi, considerati combattenti eccezionali oltre che fedeli, tanto che la guardia personale del Re era loro affidata, come mi scrisse l'illustre e famoso cattedratico spagnolo di Siviglia, Francisco Elias de Tejada, autore del volume "Cerdena Hispanica"-Ediciones Monte Jurra, Sevilla 1960, che ebbi l'onore di conoscere, in una lettera datata Siviglia 13.02.1974 "…no se olvide que la guardia personal de los Reyes de las Espanas estaba a cargo de dos cuerpos de nobles, los de Cerdena y los del Franco-Condado de Borgona; porque eran estimados los mas leales vasallos de la Monarquia hispanica…"
Nella seconda metà del XV secolo, a seguito del matrimonio tra Ferdinando d'Aragona ed Isabella di Castiglia, avvenuto nel 1469, e all'assunzione al trono dei Re cattolici, nel 1479, venivano unite politicamente tutte le Spagne, con i vari regni federati, compreso il Regno di Sardegna, membro del Consiglio d'Aragona. Dal matrimonio di Ferdinando ed Isabella nacque, tra gli altri figli, Giovanna, primogenita, forse ingiustamente chiamata Juana la loca, la quale sposò Filippo d'Asburgo detto Filippo il bello, figlio dell'Imperatore del Sacro Romano Impero e domini d'Austria. Dal loro matrimonio nacquero due figli, Carlo che divenne Carlo I di Spagna e V Imperatore e Ferdinando. Carlo V riassunse in sé tutti i poteri e territori, sia i regni delle Spagne federati tra loro, tra cui quello di Sardegna, i paesi bassi, le Americhe e il Sacro romano Impero, dominando praticamente il mondo. Al momento delle sue abdicazioni, avvenute tra il 1555 ed il 1556, per ritirarsi, nel 1557, nel monastero di San Jeronimo di Yuste, dove morì nel 1558, Carlo V divise i regni delle Spagne, quelli italiani, i paesi bassi e le Americhe dall'impero lasciando a suo figlio Filippo II i primi ed al fratello Ferdinando l'Impero e i domini ereditari austriaci. Il Regno di Sardegna, uno dei Regni Federati delle Spagne, visse il più bel periodo della sua storia, governato da sovrani illuminati, quali Carlo V, Filippo II, Filippo III e Filippo IV, arbitri della storia del mondo che rispettarono i suoi Parlamenti o Cortes, istituite nel 1355, che legiferavano sui problemi dell'isola e che, tra le altre cose, onde evitare le scorrerie nordafricane sulle coste Sarde, flagello per i Sardi da millenni, costruirono un migliaio di grandi torri di avvistamento e difesa lungo le coste sarde, che tuttora è possibile ammirare. La Sardegna faceva, inoltre, parte integrante del Supremo Consiglio d'Aragona che alcuni grandi giuristi sardi, Joan Dexart, Francisco Vico e Pedro Frasso Pilo, ebbero l'onore di presiedere quali Reggenti, massima carica del Supremo Consiglio. Il consiglio d'Aragona comprendeva, il Regno di Aragona, la Contea di Valencia, il Principato di Catalogna, le isole Baleari ed il Regno di Sardegna, mentre gli stati italiani, sotto la dominazione spagnola, regno di Sicilia, regno di Napoli e ducato di Milano facevano parte del Consiglio d'Italia. Questo assetto politico giunse fino al 1713, quando fu abolito il Consiglio d'Aragona, a seguito anche del decesso di Carlo II, ultimo Asburgo di Spagna, morto a Madrid nel 1700 senza successione (Vedi "Uomini e Cose di Sardegna in epoca Spagnola" del prof. Francesco Manconi, Edes editrice Sassari e "La Sardegna Asburgica" dello stesso autore).
Iniziò a questo punto la guerra di successione spagnola tra Filippo di Borbone, nipote di Luigi XIV e figlio del Gran Delfino di Francia, erede testamentario di Carlo II, quale Filippo V al trono di Spagna e Carlo VI Imperatore d'Austria, che discendeva da Ferdinando, fratello di Carlo V, pretendente. Dopo alterne vicende la Sardegna fu assegnata all'Austria, poi alla Spagna per venire, infine, col Trattato di Londra 1718 e quello dell'Aja del 1720, federata col Principato del Piemonte, col quale nulla aveva in comune, né le tradizioni storiche né la lingua. I piemontesi, infatti, parlavano prevalentemente, almeno le classi colte, francese, e la popolazione il dialetto piemontese, mentre in Sardegna da 400 anni si parlava catalano e soprattutto, dal 1600, castigliano. Anche per questo motivo il Trattato dell'Aja nel 1720, nel federare il Regno di Sardegna col Piemonte, portando il titolo reale ai Savoia, in persona di Vittorio Amedeo II°, manteneva nell'isola la lingua spagnola-castigliana, usata da 400 anni e l'organizzazione della giustizia spagnola "Real Governacion" nel I° grado e "Real Audiencia" nel II° grado, sia nella giustizia civile che in quella criminale, oltre ai vari Statuti sardi riconosciuti dagli Spagnoli. (Carta de Logu e Statuti di Sassari), sino al codice Feliciano del 1829. La Sardegna come per il passato spagnolo continuava ad essere amministrata da Vicerè, questa volta piemontesi. La lingua italiana cominciò a penetrare nell'isola alla fine del '700 e nei primi anni dell'800, a mio avviso arbitrariamente, perché i trattati di Londra e dell'Aja prevedevano per la Sardegna il mantenimento della lingua spagnola e che nulla in sostanza fosse modificato. Rimase immutata invece la Giustizia fino al 1847 quando alcuni maggiorenti sardi richiesero la unione perfetta col Piemonte e la Sardegna divenne così regno unitario comprendente anche il Piemonte, la Savoia e la Liguria, già Repubblica di Genova, la Contea di Nizza ed il Ducato d'Aosta ecc. Anche la nobiltà sarda perse la sua prerogativa ispanica che prevedeva quali concessioni nobiliari il cavalierato ereditario e la nobiltà sarda che dava diritto alla qualifica di Don, titoli mantenuti per le vecchie concessioni e sostituiti, dopo il 1847, dal titolo o qualifica di nobiltà generica, per le nuove concessioni. Nel 1861 Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi e Mazzini riuscirono nella impresa di realizzare l'unità d'Italia, con Vittorio Emanuele II Re e così sparì per sempre il "Regnum Sardinie", nato nel 1297 e federato col Regno di Aragona.