La zia Javotte

Nei vari alberi genealogici che abbiamo a disposizione si può notare quante siano le figure femminili che, sopravvissute alle morie infantili, non sono più ricordate. Molto spesso a loro si riservano solo due date: la nascita e la morte. Più spesso di quanto non si pensi, le sorelle che si sono sposate, oltre a titoli e patrimoni hanno portato, nelle famiglie nelle quali sono entrate, un patrimonio di qualità morali che hanno costituito una vera forza.
E le….zitelle? Spesso erano un gruppo di sorelle, ognuna con una qualità specifica: la spiritosa, la saggia, la fantasiosa, la timida ma unite formavano un gruppo monolitico, punto di riferimento per i fratelli e i nipoti. Certamente ognuno di noi ha nei suoi ricordi, antichi o recenti, delle zie che è difficile dimenticare.
Tra queste figure ne vorremmo ricordare una: la zia Javotte(che, per la verità, è stata sposata solo per due anni).
La sua figura viene delineata attraverso le lettere. Non dalle lettere che lei ha scritto, bensì da quelle che ha ricevuto, che ha conservato e che sono arrivate fino a noi. E’ uno strano modo per conoscere una persona, eppure la sua personalità prende risalto e si definisce anche in questo modo. Le scrive la sorella, le scrivono i fratelli, le cognate, i nipoti, e lei conserva le lettere ed anche i suoi nipoti le conserveranno. Javotte ha un ruolo importante nella famiglia: è il centro sicuro degli affetti.

Javotte nasce a Cagliari nel 1819, figlia del Barone Enrico Sanjust di Teulada e di Caterina Amat dei Marchesi di Villarios. Il nome le viene dalla nonna paterna, la savoiarda Genoveffa Chabòd dei Marchesi di Saint Maurice. La madre di Javotte, Caterina, rimarrà vedova giovanissima e Javotte, che alla morte del padre aveva solo due anni, sarà la sua compagna fino alla morte.
Nel 1850 muore la cognata Mariangela Ripoll, e Javotte si dedicherà ai figli di Mariangela e del fratello Carlo, erano cinque bambini dai due ai dodici anni. Alla morte della madre: “La nostra zia Javotte –la fedele Antigone della mamma sua- così fedele che per non abbandonarla rifiutò per anni un ottimo partito, quello del M.se Carlo Manca di Santa Croce e Villahermosa che poi ha sposato dopo la morte della madre” (dalle memorie della nipote Emanuela Sanjustsposata Cartolari- figlia del fratello Ignazio).
Le lettere del periodo del matrimonio- felice ma brevissimo perché Carlo Villahermosa morirà improvvisamente il 9 luglio del 1864 e si erano sposati nel 1862- mostrano una Javotte disinvolta, viaggiatrice curiosa e interessata, va a trovare i parenti che conosce e quelli che non conosce, con il marito che è, oltre che un gran signore, simpatico e divertente. “Siccome voi altri siete due in uno questa lettera servirà una per due” le scriverà la sorella Maria il 7-7-1863.
Passato questo breve felice periodo (le lettere sono indirizzate per lo più a Cagliari, i nipotini sono cresciuti, si stanno sposando, le lettere che riceve parlano di fidanzamenti e di matrimoni, di bambini in arrivo e di problemi legati a questo, con lei si confideranno sempre quelli che ama e che la amano) morirà il 13 febbraio 1895.

Alla sua morte aveva 20 nipoti Sanjust di Teulada e Sanjust di Neoneli e cinque nipoti Manca di Villahermosa e Nissa - i pronipoti, invece, erano venti e, con i matrimoni delle ragazze, i cognomi erano: Aymerich, De Magistris, Cartolari, Amat per non ripetere i cognomi degli sposi già imparentati

Ci piace riportare due lettere che hanno qualcosa di particolare. Una è scritta da Javotte al fratello Carlo ed è indirizzata a Lucca, datata il 30 agosto 1893. Tra l’altro scrive “Ieri si fece la ricognizione del corpo di Frà Ignazio da Laconi, al convento dei Capucini, ove furono invitati come testimoni, molti Sig. del paese fra i quali Giovanni Nissa, il Conte Boyl, Fara, Roberti, Giuannico Sorso, ecc ecc. La funzione durò dalle sette del mattino fino alle quattro di sera, il tutto in gran segreto e a porte chiuse, trovarono il Santo corpo ridotto in scheletro e dopo avere fatto tutte le informazioni e le ricerche necessarie, lo collocarono in una nuova cassa, di noce foderata in zinco e indi rimesso nel suo sepolcro, ora si spedisce un tutto a Roma, e si spera quanto prima la sua santificazione, pecato che tu non ti sia trovato a Cagliari, altrimenti saresti stato uno dei primi invitati, basta speriamo che la seconda volta sarai chiamato anche tu a una si bella funzione….”
Fra Ignazio da Laconisarà proclamato santo nel 1951.
L’altra lettera le viene scritta da Carlo Manca di Villahermosa e Santa Croce alcuni mesi prima delle nozze, è il febbraio del 1862:
“Carissima Genoveffa, Domani corre la festa di quella mirabile pastorella che fu la meraviglia della
Francia. Trovandomi io qui fra pastori e agricoltori segregato dal mondo intero, rivolgo necessariamente l’animo mio e a chi gode nella patria celeste ed a chi è tuttora in pellegrinaggio. Fra queste ultime trovo una Genoveffa che mi è cara ……..

Carlo Santacroce
Se si pensa che le apparizioni a Bernadette a Lourdes avvengono nel 1858, e che per anni vivente la veggente si era cercato di appurarne la veridicità, fra tante polemiche, si può arguire che, anche nella campagna sarda, certe notizie arrivavano velocemente.